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«In Italia nessun uomo nel mondo del calcio crede che una donna possa parlarne con professionalità e competenza tecnica di questo sport. Anche per questo rispetto ad altre realtà europee, penso alla Premier League ma anche alla Ligue 1, in Italia le donne manager nel calcio sono pochissime».

Cosi Catia Augelli, ex responsabile della comunicazione dell’AS Roma, nel corso della presentazione del libro #Comunicatrici di Antonella Dragotto e Janina Landau (Agol Edizioni – Castelvecchi), svoltasi lunedì sera presso le Gallerie d’Italia a Milano, ha fatto il punto sulla parità di genere nel mondo del calcio italiano.

Rispetto alle testimonianze delle altre donne manager intervenute, molte delle quali ai vertici di importanti istituzioni e aziende, come l’ex vicedirettrice generale della Banca d’Italia ed ex presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, o responsabili di una funzione aziendale chiave quale la comunicazione, come Silvia de Blasio di Vodafone Italia, o Lucia Sciacca di Generali Italia, la disamina fatta da Augelli sul mondo del calcio, oggi sempre più un’industria rilevante per il Paese, ha evidenziato il grande ritardo dell’Italia verso le realtà internazionali.

«Per dare un segnale forte», ha osservato ancora Augelli, che oggi segue la comunicazione di alcuni importanti calciatori, tra cui il talento della Juventus, Paulo Dybala, «potrebbe servire eleggere in futuro una donna alla presidenza della Figc o della Lega di Serie A»

Un auspicio quanto mai urgente, visto che è dal 2011, quando Rosella Sensi (la cui famiglia era proprietaria del club) ha lasciato la carica di presidente e amministratore delegato della Roma, che una donna non ricopre posizione di vertice in Serie A.

Tutt’altro accade ad esempio in Inghilterra, dove, al termine del lungo regno di Richard Scudamore, era stata scelta proprio una donna, Susanna Dinnage, come suo successore nel ruolo di amministratore delegato della Premier League.

Una nomina poi non andata in porto a causa del minore compenso che Dinnage avrebbe ricevuto dalla Premier rispetto a quello medio riconosciuto ai top executive dalle aziende private.

Ma in questo caso non si è trattato di una questione legata al genere, visto che anche gli uomini che sono stati poi selezionati dopo il rifiuto di Dinnage, hanno declinato l’offerta a causa delle condizioni economiche.

A individuare Dinnage tra una rosa di candidati era stato un comitato formato da tre uomini (il presidente del Chelsea, Bruce Buck, l’ad del Burnley, Mike Garlick e il consigliere indipendente Kevin Beeston) e da due donne (l’amministratore delegato del Leicester City, Susan Whelan, e dal consigliere indipendente Claudia Arney).

E sì, perché in Premier League, non sono poche le donne a ricoprire incarichi dirigenziali anche di primissimo piano e in club di livello.

Basti pensare a Marina Granovskaia, braccio destro di Roman Abramovich e dal 2014 amministratore delegato del Chelsea. È lei la regista delle mosse dei Blues degli ultimi anni, sue le scelte sugli allenatori da esonerare (ne sanno qualcosa José Mourinho e Antonio Conte) o da confermare (come Maurizio Sarri).

Ma la “zarina”, considerata la donna più potente del calcio mondiale, non è l’unica donna a guidare un club di Premier League. L’irlandese Susan Whelan, scelta nel 2011 pur non avendo alcuna esperienza di calcio per guidare il Leicester da Vichai Raksriaksorn (da poco scomparso nel tragico incidente in elicottero), è stata recentemente nominata donna d’affari più influente d’Irlanda dalla Women’s Executive Network.

Karren Brady, conosciuta anche come “The First Lady of Football”, ha ricoperto il ruolo di direttore generale del Birmingham City ed è oggi vicepresidente esecutivo del West Ham oltre che componente della Camera dei Lord dopo essere stata insignita del titolo di baronessa.

Amanda Staveley, una brillante carriera nel campo della finanza, dopo aver facilitato l’acquisizione del Manchester City da parte dello sceicco Mansour, nell’autunno dello scorso anno ha provato ad acquistare il Newcastle dall’attuale proprietario Mike Ashley. Se l’offerta fosse stata accettata la pattuglia rosa in Premier sarebbe ancora più consistente.

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