Un’obsoleta scuola di pensiero vuole che ogni infrastruttura nella quale si svolge una qualsiasi forma di sport organizzato, sia essa un palazzetto, uno stadio o un’arena, debba essere concepita con una forma ben riconoscibile e presentare caratteri d’identità unici e ben differenziati da quello che la contorna.
Si parla quindi di un insieme complesso in grado di integrare elementi di estetica, di funzione e di aggregazione ben definite e distinguibili. L’ edificio è pertanto espressione statica e ingombrante del territorio in cui è inserito e generalmente soddisfa, in modo assolutamente passivo, il bisogno di disporre di uno spazio in cui offrire la semplice visione di un evento sportivo o qualcosa di simile.
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L’attuale stadio Giuseppe Meazza, sito in piazza Angelo Moratti a Milano, meglio conosciuto come San Siro, risponde esattamente al paradigma prima descritto e rientra a pieno titolo nel novero dell’idea che identifica, con poche eccezioni, i nostri stadi come degli scomodi e inefficienti contenitori temporanei di varia umanità.
A fronte di questi problemi sono note le poche iniziative prese nel nostro paese (Juventus, Sassuolo, Udinese, Frosinone) e ci sono numerosi progetti attualmente allo studio. Il confronto con il resto del pianeta è comunque imbarazzante.
Negli ultimi dieci anni in tutto il mondo sono stati registrati 495 progetti depositati per impianti sportivi costruiti ex novo, oppure ricostruiti nel luogo dove sorgevano precedentemente o – ancora – profondamente rinnovati. In Europa se ne contano 235 di cui 221 legate al calcio. Gli stadi completati e inaugurati sono stati 159 con una crescita notevole nell’ultimo triennio (53 impianti dal 2016) grazie alla spinta del mondiale assegnato alla Russia.
Un’osservazione, nemmeno tanto attenta, e un minimo di buon senso portano alla conclusione che lo stadio di San Siro è una struttura inadeguata e poco efficiente, assolutamente non in grado di sostenere il peso competitivo di scenari che stanno cambiando rapidamente e che vedranno, in capo a pochi anni, una realtà calcistica molto diversa rispetto all’attuale.
Apparentemente le parti in causa si ritrovano nella necessità di intervenire sullo stadio di Milano e non sorprende, in mancanza di altri elementi, la vivacità del dibattito mediatico, attualmente focalizzato su demolizione o non demolizione, ricostruzione o ristrutturazione, proprietà o altre formule e così via.
In buona sostanza si parla solo del “come” e così si rischia di spostare l’ attenzione dal tema di fondo di questo progetto, ossia il “cosa” si vuole realizzare.
Sarebbe infatti tempo che chi di dovere abbia la consapevolezza del bisogno di una nuova generazione di impianti in grado di garantire diversità di utilizzo, qualità ambientale, sostenibilità ma soprattutto capace di articolare e di rivalutare brani di città, aprendosi alla stessa e ricevendone gli influssi e i bisogni.
Infatti oggigiorno la progettazione di strutture polifunzionali adibite all’attività sportiva non può prescindere dalla necessità di delineare, attraverso un’attenta fase di analisi e ricerca, le caratteristiche e le potenzialità peculiari del tessuto sociale nel quale si inseriscono, in particolare se si vuole ottenere l’obiettivo del recupero di aree dismesse o che presentino forti criticità.
Ne consegue che le competenze destinate a progettare le nuove infrastrutture sportive devono essere arricchite di nuove profili e di nuovi strumenti d’analisi che traccino il percorso per nuove sfide globali, non solo sportive.
Nel panorama europeo si percepisce una ricerca costante di ottimizzazione e di ricerca di soluzioni efficaci nello nuovo scenario tendente all’apertura dell’impianto verso la città e verso i nuovi concetti di smartizzazione.
Infatti il cambiamento va verso la strategia di creare strutture adibite non esclusivamente all’evento in sé, ma in grado di rispondere alle diversificate esigenze di un’utenza molteplice, rappresentando straordinari contenitori in grado di promuovere e supportare innovativi strumenti urbanistici.
Gli impianti sportivi devono perciò sempre più articolarsi come strutture capaci di configurare una pluralità di combinazioni funzionali, sulla base di bisogni e di modalità di fruizione di un pubblico che da tifoso è divenuto prima poi cliente e utente, alla ricerca di comfort, di connessione, di dialogo con l’esterno in misura tale da rendere smart e convergente l’ esperienza nell’ambito di un tempo prolungato. E tra i fatti più importanti non può essere trascurata la velocità con cui i cambiamenti che portano nuovi bisogni si manifestano e quindi la necessità d’ avere strutture agili e flessibili per soddisfarli.
Lo stadio abbandona così la sua connotazione esclusivamente sportiva a favore di una vera e propria diversificazione dei contenuti: lo sport costituisce il core ma non è più l’esclusiva fonte di attività; nuovi eventi e nuovi servizi ne costituiscono la reale maglia prestazionale, elevando l’impianto a struttura multifunzionale e consentendone l’utilizzo e la fruizione secondo logiche differenziate (spettacoli, mostre, commercio, ristorazione, entertainment, egaming, altri sport), d’ incontro e di aggregazione nell’area circostante.
Quindi non è più una struttura chiusa e passiva ma diventa luogo aperto e interattivo, favorito dalla polivalenza, che rappresenta uno degli aspetti di maggiore influenza nell’integrazione con il territorio.
Nella prima metà degli anni Novanta il concetto di multifunzionalità era strettamente legato a un sistema di funzioni nuove e insolite per uno stadio, quali sale convegni, ristoranti e negozi, prevalentemente concepite per soddisfare le esigenze di un pubblico temporaneo; oggi le possibilità sono maggiori e l’utilizzo degli spazi e delle attività all’interno e all’ esterno dello stadio risulta sicuramente più variegato e complesso.
La novità del ventunesimo secolo è rappresentata da alcuni impianti che prevedono la presenza di funzioni socialmente utili: si pensi al Weserstadion a Brema dove si trovano servizi di pubblica utilità quali la piscina comunale e un centro di riabilitazione fruibili dalla comunità locale, allo Stade de Suisse a Berna e al St. Jakob Park a Basilea, entrambi realizzati in occasione dei Campionati Europei di calcio del 2008, che ospitano rispettivamente un complesso scolastico pubblico e un complesso residenziale per anziani, senza dimenticare lo stadio La Maladière a Neuchâtel che prevede sotto il terreno di gioco la presenza di una caserma per i vigili del fuoco.
L’attuale panorama dell’impiantistica sportiva deve perseguire perciò logiche che vanno di pari passo con le tendenze delle città che si muovono nella medesima direzione. Gli impianti devono essere in grado di rispondere alle esigenze della popolazione rispettando tuttavia una serie di principi diffusi che dovrebbero rappresentare linee guida per una corretta attività di progettazione nella sua ampia accezione: la sostenibilità, al fine di fronteggiare e monitorare le problematiche energetico- ambientali, l’eco-compatibilità, il riuso e riciclaggio di materiali, la connessione, la leggerezza dei materiali, l’estetica e la funzionalità e l’ apertura verso la “piazza”.
Le strutture sportive acquisiscono perciò un ruolo di “attivatore sociale”, di collante per la comunità che ha a disposizione un luogo di ritrovo e di incontro permanente in grado di accogliere e soddisfare le esigenze e i bisogni espressi dalla società.
Questo andrebbe dibattuto: di sicuro gli interessi di Milan e Inter, ma anche la Milano del futuro, i suoi bisogni, la sua capacità di stupire, l’integrazione con le eccellenze cittadine e nazionali, i flussi turistici, la cultura e via dicendo e come un brano di città come San Siro e il suo nuovo stadio posso integrare e favorire questo sviluppo.
E se non si dovesse trovare un accordo tra le parti si potrebbe sempre recuperare progetto di ampliamento del 1949, descritto da Franco Brera su “ Tuttosport “ del 10 giugno 1949:
“Capacità dello stadio: 150.000 posti a sedere, in piedi oltre 200.000. L’ampliamento è costituito da una serie di 126 portanti in calcestruzzo armato, che poggiano su una platea, pure in cemento armato, contigua all’anello esterno dello stadio e fiancheggiata da un condotto di drenaggio che migliorerà le condizioni del campo di gioco. ….. Sono previsti 20 accessi per il pubblico, posti all’inizio di 20 rampe elicoidali in cemento armato intersecanti i portanti, lunghe 150 metri e larghe 2,50 metri…. Nulla è trascurato: avranno posto anche i rivenditori di bruscolini e noccioline americane e soprattutto innumerevoli spettatori, dato che i margini di sicurezza per il carico sono larghissimi”.