Ammonta a circa 200 milioni di euro l’anno, solo in Italia, il giro d’affari derivante dalla trasmissione illegale in tv e streaming di eventi sportivi.
E’ quanto riporta il Corriere della Sera, che cita un’indagine della Fapav, la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi, secondo cui in Italia oggi sono attivi due milioni di abbonamenti illegali e 4,6 milioni di italiani assistono alle partite nei bar, negli hotel o dal divano di casa versando denaro a organizzazioni che rubano i diritti.
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Un mercato, sottolinea il quotidiano di Via Solferino, sul quale la criminalità organizzata ha da tempo preso possesso.
Proprio la cooperazione internazionale fra mafie su piattaforme sotterranee – spiega il Corriere della Sera – una sorta di globalizzazione della pirateria, è uno dei segreti del nuovo fenomeno.
Sono disponibili in commercio alcuni software usati dalle organizzazioni per scambiarsi pacchetti di diritti, in una vera e propria borsa elettronica illegale dei diversi prodotti.
La Serie A contro la Premier League, il Gran premio di Monza contro la finale del Roland Garros, fino a formare pacchetti sottocosto di migliaia di canali che includano per esempio l’ offerta italiana di Dazn e Sky o quella francese di Canal+.
Di fronte all’ avanzata di questa industria sommersa, il mondo del calcio fa i conti con una minaccia esiziale ai suoi ricavi. Il 18 marzo scorso ne hanno parlato a fondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, il presidente della Lega Serie A Gaetano Miccichè con il suo amministratore delegato Luigi De Siervo, il presidente del Coni Giovanni Malagò, con i presidenti dei club e le reti detentrici dei diritti.
L’attenzione di tutti va all’esame degli aspetti sistemici della pirateria e alla vasta zona grigia che si muove fra i clan e gli appassionati di sport che comprano l’ accesso alle partite a meno della metà del prezzo ufficiale.
La tentazione per i mafiosi di entrare in questo settore è irresistibile perché il massimo della pena per chi viola il diritto d’ autore è di quattro anni, molto meno che per lo spaccio o l’ estorsione. Tra l’ altro, i pochi soggetti arrestati fino ad oggi hanno subito ottenuto pene ridotte patteggiando.
Il punto in cui l’intera industria sommersa emerge alla luce del sole non desta particolare allarme sociale: un tifoso compra un codice digitale in Rete per guardare le partite dal suo smartphone o attraverso un oggetto che ormai tutti chiamano il «pezzotto».
Si tratta del nome napoletano della scatola, il «set top box», che decodifica per la televisione il flusso internet di migliaia di canali piratati. Spesso il «pezzotto» viene proposto alle persone comuni da altri abbonati ai quali sono stati promessi «crediti», mesi di accesso gratuiti, a condizione che procaccino sempre nuova clientela.
Del fenomeno della pirateria è già arrivata ad occuparsene la Direzione nazionale antimafia se ne sta occupando: il primo arresto di un grossista di abbonamenti piratati è stato fatto a Scampia nel febbraio del 2017, dopo una serie di intercettazioni per un’indagine di camorra.
[…] alla produzione di contenuti audiovisivi e al mondo dello streaming. Tra queste segnalo una notizia di Calcio Finanza attraverso la quale ho fatto la conoscenza del “pezzotto”, ovvero la versione nostrana […]