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David Han Li, Marco Fassone, Massimiliano Mirabelli (Insidefoto.com)

Torna a parlare David Han Li. L’ex direttore esecutivo del Milan ha rilasciato una lunga intervista a “Forbes”, nella quale ha raccontato l’esperienza vissuta in rossonero e le annesse difficoltà, compreso il difficile rapporto con i media.

Han Li racconta della sua passione per il calcio, che lo ha portato ad avere l’opportunità di arrivare a un club prestigioso come il Milan: «È stato surreale. Il giorno dopo ci siamo resi conto che questo era un onere molto pesante. Da appassionato di calcio ho sicuramente capito cosa avevamo ottenuto, ma eravamo anche i dirigenti. Avevamo molti compiti e dovevamo assumerci la responsabilità. Per noi era così importante che il club facesse sempre meglio, quindi non c’era tempo di ragionare su ciò che avevamo fatto».

«Avevamo la responsabilità del club e di milioni di fan – ha aggiunto –, il che non è facile. Volevamo essere amati e rispettati, tutti lo vogliono. In un certo senso ho dovuto adattarmi dall’essere un tifoso all’essere parte del club. Come proprietà, non eravamo coinvolti nelle decisioni quotidiane della dirigenza, ma abbiamo ricevuto consigli e discusso con i dirigenti diverse questioni importanti».

«I problemi non riguardavano i tifosi – ha proseguito Han Li –, ma le persone di alto livello, le persone importanti, le persone che avevano il potere, quelle che volevano proteggere i propri interessi. Quindi è diverso. Avrebbero tentato di fare di tutto per allontanarci, per tenerci fuori dal giro».

Le difficoltà – come per alcuni dei loro compatrioti che avevano investito nel calcio europeo – sono arrivate anche dalla Cina. Gli imprenditori sono stati gravemente colpiti dalla decisione del governo cinese di modificare le regole sugli investimenti all’estero. «È stata una decisione presa dal governo cinese e l’abbiamo capita e rispettata».

Una situazione che ha portato a cercare una soluzione per portare a termine l’acquisto del club, e che è stata trovata nelle risorse messe a disposizione da Elliott. I proprietari cinesi hanno però continuato a iniettare ingenti somme di capitale nel club, oltre a dover trovare i soldi per rimborsare il debito contratto.

«Abbiamo dovuto mettere in media 10 milioni di euro al mese, ma i capitali di cui aveva bisogno in origine il club erano molti meno», ha rivelato Han Li. «Abbiamo dovuto investire più capitale nella società, nel club. Era molto più di quanto ci aspettassimo».

Tuttavia, «la nostra intenzione era di riportare il club in alto, il Milan era rimasto in silenzio molto tempo e dovevamo cambiare le cose. Siamo rimasti molto sorpresi quando abbiamo visto il bilancio, le entrate provenienti dalla Cina erano quasi nulle. Allo stesso tempo eravamo entusiasti, dato che ci siamo resi conto che potevamo davvero fare qualcosa per portare ricavi dalla Cina al club».

«Sarebbe stato un ottimo inizio per rimettere il club sulla strada giusta – ha aggiunto –, ovviamente c’erano molte altre questioni da affrontare, ma questa era la nostra intenzione e la nostra idea. È stato un vero peccato, avevamo piani e idee chiari, che non erano i ricavi tradizionali. Perché se in quel momento non eravamo abbastanza bravi da competere con gli altri grandi club sui ricavi tradizionali, dovevamo muoverci in modo intelligente».

«Penso che i dirigenti del Milan – ha chiosato Han Li – non si siano davvero resi conto che, sebbene sia ancora un club molto importante, il club conta sempre di meno fuori dall’Italia. C’è molto meno legame tra i tifosi all’estero e il Milan, perché non partecipa più abitualmente alla Champions League».

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