Calciatori
(Foto Andrea Staccioli / Insidefoto)

Carriere da grandi campioni, poi una vita in difficoltà. Da Ronaldinho ad Andreas Brehme passando per Cafu e Gascoigne, la lista di calciatori finiti sul lastrico (o quasi) è lunga e rischia di diventarlo ancora di più. Investimenti sbagliati e uno stile di vita difficile da cambiare una volta appese le scarpette al chiodo sono tra i maggiori rischi per gli sportivi, la cui carriera può durare anche solo 10/15 anni.

I numeri parlano di quattro calciatori su dieci in Europa a rischio indigenza entro cinque anni dal ritiro, secondo una ricerca di Lombard International Assurance. Numeri che salgono al 60% nel Regno Unito sempre per quanto riguarda i giocatori di calcio, mentre negli Usa, parlando di football americano, la percentuale raggiunge addirittura il 78%.

Dati confermati anche da uno studio di XPro (associazione che aiuta i calciatori post ritiro), secondo cui in Inghilterra tre calciatori su cinque finiscono in grave difficoltà finanziaria a cinque anni dal ritiro a causa spesso di droga, alcol o di una cattiva gestione dei propri risparmi.

D’altronde, quando si pensa ai calciatori spesso il riferimento è ai top player alla Cristiano Ronaldo, ma sono decisamente pochi i giocatori che hanno stipendi da urlo.

In Italia secondo i dati del Report Calcio 2019 della Figc, nel 2017 erano 368 gli atleti del mondo del calcio con una retribuzione sopra i 700 mila euro annui, ovverosia il 9,7% del totale.

La categoria in cui rientrano più giocatori è quella con una retribuzione tra i 10mila e i 50 mila euro (1.433 calciatori pari al 37%), seguita da chi guadagna tra i 100 e i 700mila euro (905 atleti pari al 24% del totale), chi arriva fino a 10mila euro (653 calciatori, il 17%) e infine chi guadagna tra i 50 e i 100mila euro (431 atleti, pari all’11%).

Ciò significa che, in sostanza, più della metà dei calciatori in Italia ha uno stipendio che raggiunge un massimo di 50mila euro annui.

Secondo i dati dell’AIC, l’Associazione Italiana Calciatori, la media è infatti di 50mila euro lordi a stagione: chi arriva a fine carriera con un conto a sei zeri in banca è solo il 5%.

Il tema del post carriera è quindi fondamentale, anche a livello economico.

Nell’indagine dell’AIC “Tempi supplementari” sugli aspetti psicosociali legati al ritiro, il 59% degli oltre mille calciatori intervistati ha ammesso di non aver mai pensato al dopo carriera mentre giocava, con il 66% che non svolgeva altra attività al di là di partite e allenamenti (per il 21% studio, per il 5% lavoro e per il 3% corsi di formazione professionale).

Ecco perché, la maggior parte dei calciatori che hanno appeso gli scarpini al chiodo si ritrova ora a suggerire ai propri colleghi di pensare al dopo carriera prima di smettere l’attività agonistica, di non abbandonare gli studi e di frequentare anche dei corsi di formazione nelle società di appartenenza.

“Il calcio finisce intorno ai 30 anni ed è necessario lavorare mentalmente per il futuro”, ha spiegato uno degli intervistati.

E, seppur l’80% di chi si ritira conferma di voler rimanere nel mondo del calcio soprattutto come allenatore, in pochi riescono effettivamente a guadagnarsi da vivere ancora con il pallone anche dopo aver smesso di giocare.

“I numeri dicono che il post carriera è complicato per gli atleti, non solo nel calcio ma anche negli altri sport”, spiega Massimo Paganin, ex calciatore di Inter, BolognaVicenza e oggi co-responsabile del “Dipartimento Senior” dell’AIC.

“Durante la carriera è difficile che qualcuno pensi a quello che succederà, quando leggi certe notizie sulle difficoltà dei calciatori pensi sempre non possa capitare a te. È difficile avere chiara in testa l’immagine che qualcosa possa andare male quando smetterai, hai possibilità enormi e ti sembra impossibile. I numeri però parlano chiaro e significa che il post carriera è più difficile di quanto si possa pensare”.

“Le difficoltà derivano dal dover ricominciare una vita normale, non è così semplice. Non bisogna fare gli ipocriti, però rientrare in una dimensione normale è abbastanza complesso, serve un aiuto. Un ex professionista solitamente muore due volte, quando smette e quando lascia la vita terrena. Serve elaborare il lutto, è una situazione veramente complessa in cui forse si adattano meglio i giocatori delle categorie inferiori, che sanno già che non potranno vivere di calcio e cercano di trovare soluzioni diverse”, conclude Paganin.

Vincenzo Cuscito, Senior Investment Consultant di Moneyfarm, premiata tra i migliori Gestori Patrimoniali 2020, ha un consiglio per tutti i calciatori: “Un errore che molti fanno è pensare di vivere di rendita o sottovalutare il cambiamento. Pochi sono in grado di vivere con quanto guadagnato durante la carriera, la maggior parte dei calciatori – anche di Serie A – deve reinventarsi una vita professionale”.

Come può aiutare la pianificazione finanziaria? “L’importante è aver chiaro il risultato che si vuole raggiungere. Cambiare vita, come nel caso dei calciatori a fine carriera, richiede un naturale momento di passaggio, che può anche necessitare di riflessione, sperimentazione e di investimenti (in una nuova attività, in un corso di studio). Un obiettivo realistico è quindi in primis accantonare le risorse necessarie a sostenersi in questo periodo di transizione. La maggior parte dei calciatori sa in anticipo quando si concluderà, più o meno, l’attività sportiva e dovrebbe quantomeno valutare la possibilità di creare un piano di investimento finalizzato a sostenere un periodo di due o tre anni in cui progettare con serenità la propria nuova vita”.

“Non vale solo per i calciatori”, continua Cuscito, “tutti dovrebbero provare a mettere da parte le risorse per affrontare un ipotetico cambio di vita o una nuova sfida: farlo è una fonte di sicurezza e libertà”.

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Classe 1990, giornalista.

4 COMMENTI

  1. In una epoca di tassi a zero esiste una forma di investimento che garantisce a un calciatore vip di non andare in bolletta: il conto corrente. La cosa piu’ semplice e piu’ sicura.

  2. Ha parlato Warren Buffet!! Lasciare i soldi sul cc è il sistema sicuro per perdere almeno l’1per cento annuo di inflazione. Bisogna affidarsi a persone competenti ed avere chiari i propri obiettivi.

  3. Gli sportivi agonistici dovrebbero prima di tutto prendere una laurea in scienze motorie e/o investire in formazione a prescindere, una volta terminata la propria carriera.
    È il vero investimento a lungo termine che gli consentirà di rientrare dopo i 30 anni nel mondo del lavoro, con dignità e soddisfazioni.
    Il fatto di aver accumulato dei risparmi o dei beni li mette in condizione di poter avere dei margini di tempo da impiegare in modo fruttuoso. ..senza uscire completamente dal mondo dello sport.
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