Abbiamo incontrato l’ex arbitro di Serie A Luca Marelli che, con il suo blog lucamarelli.it, nato con “lo scopo di approfondire temi legati al mondo dello sport, al Regolamento ed all’ambiente arbitrale” (direttamente dalla presentazione del blog) è diventato un punto di riferimento di tanti appassionati di calcio curiosi di capire meglio le dinamiche arbitrali, in un calcio dove il regolamente cambia quasi ogni anno: vedi VAR e nuovo regolamente sul fallo di mano in area di rigore.
Rosetti: “Var in Champions? Avevamo il dovere di anticipare i tempi”
Con Luca abbiamo parlato di com’è nata la sua passione e come si è trasformata in carriera.
Ci ha parlato dei sacrifici che deve fare un arbitro a fronte di un contratto che non onora tutto ciò che un direttore di gara lascia sul campo. Inevitabile il riferimento al tema del professionismo (e di quanto guadagna un arbitro) e al caso dell’arbitro Gavillucci, che sta cercando di smuovere certi meccanismi nell’AIA.
Non ha voluto svelarci la sua squadra del cuore, ma ci ha confidato che è un grande tifoso dell’Olimpia Milano e ci ha raccontato un bell’aneddoto sull’attuale Direttore Tecnico dell’Udinese, Pierpaolo Marino.
Come si diventa arbitro di calcio
Partiamo dall’inizio. Hai sempre voluto fare l’arbitro? Eri appassionato del mondo del calcio? Come è nata questa passione?
Seguivo il calcio perché mi piaceva, ma giocavo a basket. Poi è successo che una domenica mi venne a trovare a casa mio zio Domenico che era arbitro da 30 anni. Io stavo guardando la televisione annoiato e mi disse “ma perché invece di stare qui a guardare la televisione non vieni a fare il corso arbitri del CSI?”. Io gli dissi che ci avrei pensato, ma senza troppa convinzione. Due settimane dopo mi sono presentato alla riunione un po’ per curiosità e un po’ perché mio zio aveva colto nel segno: passare la domenica a guardare la tv non era proprio l’occupazione che preferivo. Alla fine, nonostante le titubanze, andai alla riunione e da lì iniziò tutto. Poi, dopo 3 anni, quando avevo 22 anni sono passato all’Associazione Italiana Arbitri perché avevo litigato con il designatore del CSI che non voleva mandarmi ad arbitrare le categorie adulti perché diceva che non avevo le capacità per farlo.
Come sono stati i primi anni da arbitro?
Il primo aspetto di cui mi resi conto quando arrivai all’Associazione era che c’erano gli osservatori, cosa che nel CSI non c’era. Il primo osservatore che venne a vedermi era un professore del mio liceo classico e che era una persona molto temuta al liceo, anche perché era vicepreside. Io non sapevo che avesse il ruolo di osservatore e come me lo sono trovato lì nello spogliatoio ho avuto un sussulto. Ero già all’università, ma era ancora un personaggio che incuteva timore. Lui fu il mio primo osservatore, colui che mi diede moltissimi suggerimenti e che mi fece capire da subito quali erano i presupposti per poter arbitrare nell’Associazione: correre e impegnarsi.
Qual è stato il momento in cui ti sei reso conto che saresti diventato un arbitro di serie importanti?
Inizialmente non conoscevo neanche quali fossero i passaggi che un arbitro avrebbe potuto/dovuto fare e quali possibilità ci fossero di arbitrare nelle diverse categorie. Inizialmente andavo, arbitravo, ma non avevo molte illusioni, perché ero arrivato a 22 anni, ovvero molto in ritardo rispetto a chi inizia a 16 anni. Mi venne anche detto che ero un po’ troppo avanti con gli anni per poter aspirare a qualcosa. Io risposi “va bene, vedremo” un po’ come sfida. Due anni dopo la stessa persona mi venne a vedere in Eccellenza e mi disse che anche se era un bel rischio credeva in me e mi avrebbe mandato avanti di categoria scommettendo sulle mie capacità.
Una volta salito di categoria, quando ti ritrovi davanti calciatori molto affermati, c’è un po’ di emozione oppure pensi solo a fare il tuo lavoro e basta?
Fortunatamente nell’attività arbitrale c’è un aspetto molto importante: è tutto graduale. Si arriva in serie C, in serie A, ma è tutto talmente graduale che non ci si fa molto caso. Quando si entra in campo un arbitro vede le squadre, non guarda i nomi sulle maglie. Si cerca di arbitrare guardando le azioni e interpretando al meglio possibile il regolamento.
I segreti di un arbitro: squadra del cuore e la simpatia/antipatia con i 22 in campo
Ti è mai capitato di arbitrare la tua squadra del cuore?
In realtà sì, anche se non ho mai detto di quale squadra si tratta e non lo dirò mai, perché se dovessi dirlo perderei di credibilità nel giro di pochi secondi e non avrebbe molto senso. Il mio tifo in questo momento è molto molto assopito, ma sono rimasto un grande tifoso di basket, cosa che non ho mai negato: tifo e seguo Olimpia Milano. In uno stadio non entro da quando ho smesso di arbitrare, 11 anni fa.
Quali sono i giocatori e gli allenatori più corretti che hai incontrato?
Sono tutti giocatori che ormai si sono ritirati. Onestamente non ricordo situazioni particolari o persone particolari. Anche se mi avessi chiesto chi sono stati i più scorretti, non avrei saputo dirtelo, perché come dicevo prima, in campo si guardano le squadre, la bianca e la rossa, non si guardano i nomi. Ma ti racconto un episodio. Quando arbitrai la finale di serie C Avellino-Napoli, il Napoli perse 2-1 e sarebbe rimasto un altro anno in C, mentre l’Avellino venne promosso in B. A fine partita scese negli spogliatoi Marino, il direttore generale del Napoli, a farmi i complimenti. Questo è un bel ricordo che ho… vedere un dirigente che nonostante la sconfitta venne negli spogliatoi a complimentarsi.
Arbitri e professionismo: quanto guadagna un arbitro
Ti faccio una domanda che potrebbe essere un po’ scomoda. Quanto guadagna un arbitro? Guadagna il giusto? Perché in questo mondo dove ci sono giocatori che guadagnano milioni di euro, voi siete fondamentali, ma guadagnate molto meno…
A livelli assoluti non si guadagna male. Stiamo parlando di 120, 130 mila euro lordi (circa 80 netti), anche se confrontando tali cifre con quelle che circolano all’interno del mondo nel quale si opera, sono pochi, molto pochi. Un calciatore che prenda 100 mila euro netti, in serie A, non se ne trova praticamente nessuno, eppure il numero uno degli arbitri, della massima fascia arbitrale, come Rocchi, arriva al netto a 140, 160 mila euro, considerando anche le partite internazionali. Potrei concludere dicendo che a livello relativo non si guadagna male, ma a livello assoluto, rispetto ai giocatori, si guadagna molto, ma molto meno di quanto ci si potrebbe aspettare.
Facendo un discorso generale, il fatto di rendere gli arbitri più professionisti, cosa può portare di vantaggioso?
Questa è un’esigenza che è molto sentita all’interno del gruppo di arbitri di serie A, perché oggettivamente è un po’ paradossale che nel 2020 ci siano contratti arbitrali annuali, rinnovati anno dopo anno. Gli arbitri sono professionisti, ma non sono riconosciuti come tali: sono conosciuti come dilettanti che vanno in campo la domenica e poi in settimana lavorano. A dire la verità, lavorare è difficilissimo, lo dico per esperienza. Io ero avvocato, ma i giorni di lavoro, nel periodo di attività si riducevano a due o tre alla settimana, perché tra impegni, raduni, partite e allenamenti, era praticamente impossibile essere lavoratori autonomi ed essere lavoratori dipendenti non ne parliamo neanche! Anche per questo si sente l’esigenza di cambiare il punto di vista, poiché non è possibile che in un mondo iper-professionistico come il calcio ai massimi livelli, gli arbitri siano ancora legati a contratti co.co.co. Io credo quindi che il prossimo passo sia rendere possibilità agli arbitri di avere contrati di due o tre anni, tramite contratti anche molto articolati, ma tali da rendere un po’ più logica l’attività degli arbitri in questo momento. Lavorare con un contratto di un anno solo è molto limitante, soprattutto per i più giovani e quelli che non operano ai massimi livelli.
Arbitri: l’importanza del caso Gavillucci
Cosa pensi del caso di Gavillucci?
Il caso Gavillucci è la conseguenza di quanto ho appena detto. La mancanza di tutele porta a questo genere di eccessi. Gavillucci l’ha sempre detto con onestà che nella vita lui faceva l’arbitro. Lui è stato uno di quei casi in cui la passione ha imposto una scelta: si è trovato a dover scegliere tra fare l’arbitro e fare il suo lavoro, che era anche ben remunerato e lui ha scelto la passione. Ecco perché ritrovarsi a casa dopo soli due anni di attività da arbitro è un problema. Grazie a Gavillucci, gli arbitri vivono in un mondo più trasparente, perché tra di loro si confrontano e sanno tutti più o meno quale posizione occupano in graduatoria e la loro media voto. Prima di Gavillucci non si sapeva niente. Io non ho mai saputo nessun voto delle mie attività arbitrali, non so neanche in quale posizione ho finito la mia carriera di arbitro.
Accolto il ricorso dell’arbitro Gavillucci, ma l’Aia non ci sta: “Faremo appello”
Blog e community per spiegare le decisioni arbitrali
Parliamo di attualità. Quando e perché hai deciso di iniziare con i tuo blog?
Durante la mia carriera, ma anche prima, avevo sempre una domanda ricorrente, ma non mi era facile rendere tutto pubblico. Nell’Associazione ho conosciuto persone di grande livello e di grande preparazione e mi sono sempre chiesto come mai non ci fosse una comunicazione esterna, soprattutto sugli episodi. Mi sono sempre chiesto come mai nessuno spiegasse il regolamento, perché alla fine le polemiche nascono spesso da interpretazioni più o meno fantasiose del regolamento. Quindi mi sono detto “perché non spiegare i principi sui quali si basano decisioni giuste o sbagliate?” Io rispetto sempre il lavoro altrui, non definirei mai un arbitro scarso, perché so quanto lavoro c’è dietro. Prima facevo questo solo su Facebook, un po’ come svago; poi un giorno, Cristiano Carriero della Content Academy mi scrisse in privato chiedendomi come mai non avessi scelto di aprire un blog. Fu quindi lui ad aiutarmi molto strutturando il mio primo blog. Poi il blog è stato rifatto e anche lì ho avuto il supporto di un’altra persona che è Dimitri Stevanato, l’unico banner che ho sul sito. Così è nata l’attività di analisi episodi e di approfondimento, magari di episodi difficili da spiegare. L’errore umano esiste e il giorno che il calcio sarà arbitrato da robot è un giorno che io non voglio vedere, perché significherebbe davvero la sconfitta dell’uomo davanti alla tecnologia.
Grazie a questo blog sei in contatto con arbitri della serie A? Cosa ne pensano loro?
Ti posso dire questo: non ho mai ricevuto una critica da arbitri, neanche in via indiretta. Non mi sono mai arrivate critiche, insulti o denigrazioni da parte di arbitri o persone della serie A. Credo che loro abbiano capito qual è il mio scopo, che non è certo quello di sminuire la loro attività, ma anzi ne sono molto rispettoso. Un arbitro, quando passa a livello nazionale, investe tutto il suo tempo nella sua passione e sono molte le rinunce che fa un arbitro, e sono rinunce a cui nessuno pensa mai. Certo in serie A è differente, ma giudicare una persona sul lato personale non ha senso. Io non ho mai risparmiato critiche a chi secondo me le meritava, così come non ho mai risparmiato lodi. Poi sono un essere umano anche io e come tale ho le mie preferenze. Se mi chiedi quali sono i migliori arbitri al momento ti dico Orsato, Rocchi, Maresca e Guida, ma se mi chiedi quali sono i peggiori non ti rispondo, perché secondo me non ci sono peggiori, ci sono solamente arbitri che sono a un livello superiore.
Futuro in televisione: solo con un progetto davvero serio
Ti stiamo vedendo anche in alcune trasmissioni tv. Proseguirai anche in questo mondo, magari in qualche progetto particolare o il punto di riferimento sarà sempre il blog?
Per adesso ho smesso di presenziare in tv da circa due anni per una precisa scelta. Solo a Sky non si dice di no. Per quanto riguarda le televisioni sto cercando qualcosa di diverso, nel senso che ho deciso di non andare in tv fino a quando non mi arriverà una proposta seria e che mi consentirà di sviluppare gli argomenti, senza limitarmi a dire “Sì è rigore” oppure “No, non è rigore” perché così non serve a niente e non ha nessuna funzione didattica. Quello che mi interessa è poter far conoscere quali sono le linee guida, le direttive e anche le pieghe del regolamento. Sky è stata una bellissima parentesi, ma solo una parentesi. Se mai invece mi dovessero proporre una trasmissione come desidero io, ben volentieri accetterò. Per il momento vado avanti con il blog, anche se non so ancora per quanto tempo. Per adesso arriviamo alla fine del campionato, poi vedrò cosa fare. Ti dico la verità: di proposte ne ho avute e devo fare delle scelte.
SEGUI LIVE 3 PARTITE DI SERIE A TIM A GIORNATA SU DAZN. ATTIVA SUBITO IL TUO ABBONAMENTO