Milan monte ingaggi
Paolo Maldini (Foto Andrea Staccioli / Insidefoto)

«Il calcio doveva fermarsi prima? Sì. Già giocare a porte chiuse è una violenza, per i tifosi e per i calciatori. Giocare a porte aperte Liverpool-Atletico, con 4mila tifosi madrileni sugli spalti, quando già si sapeva che Madrid era un focolaio, è stata una follia. Quando si è giocata Atalanta-Valencia l’allarme non era ancora scattato, ma ora sappiamo che quella serata è una delle cause del focolaio di Bergamo». Così Paolo Maldini, direttore tecnico del Milan, intervistato dal Corriere della Sera.

«Quando ripartirà il calcio? Un finale di campionato ci deve essere, e ci sarà. Ma quando non possiamo dirlo ora. Capisco che per la gente sarebbe uno svago prezioso. Ma nel calcio è impossibile non soltanto giocare, ma pure allenarsi senza contatto. E poi è giusto mettere tutte le squadre sullo stesso piano. Alcune, come la Sampdoria, sono più colpite. Sono positivi alcuni tra i giocatori più rappresentativi della Juve».

«Dybala? Non dobbiamo avere fretta. Non ci si rimette in due giorni da questo virus. Tutti i calciatori devono avere il tempo di riprendersi e allenarsi. Prima di tornare a giocare saranno necessarie almeno due settimane di preparazione».

«Le Olimpiadi di Tokyo? Vanno rinviate. Oggi non si possono organizzare le selezioni, non ci si può preparare a dovere per l’ appuntamento della vita. Nel calcio, poi, la differenza tra un campione e un giocatore normale è minima. Di sicuro inferiore al 10 per cento. Se cala del 7 per cento, un campione diventa un giocatore come un altro. Dybala e gli altri devono avere tempo di recuperare bene».

«Sono riuscito a lavorare? Sì. Le tecnologie aiutano, abbiamo fatto la riunione di Lega in conference call. L’altro giorno mio fratello ha compiuto cinquant’anni, e l’abbiamo festeggiato on line. Siamo una famiglia numerosa: prima di me sono nate Monica, che è già nonna, Donatella che ha giocato a basket in serie A, Valentina che è architetto; dopo di me sono arrivati Alessandro e Pier Cesare».

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