Se i club professionistici stanno risentendo dell’emergenza Coronavirus, altrettanto sta succedendo nel tentacolare universo dei dilettanti. Qui si trovano 12 mila società e 66 mila squadre che ospitano oltre un milione di tesserati: su queste, le difficoltà attuali lasceranno un segno.
Come spiega “La Repubblica”, molte infatti rischiano di finire l’ossigeno. Molti imprenditori locali – in difficoltà economiche – si troveranno a dover scegliere tra l’azienda di famiglia e la società sportiva. Oltretutto il 40% dell’attività si concentra tra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte, le zone più colpite.
Secondo un dossier realizzato dalla Lega Nazionale Dilettanti, con il proprio centro di elaborazione dati e il centro studi della Federcalcio, il 30% delle società dilettantistiche italiane rischia concretamente di scomparire, quando la situazione sarà tornata alla normalità.
Tutto questo avrà effetti devastanti sul piano economico, ma soprattutto sul piano sociale. Dei 680 mila ragazzi tra i 5 e i 16 anni tesserati oggi per una società dilettantistica, almeno 200 mila rischiano di non poter proseguire l’attività.
Inoltre, si potranno quantificare danni da centinaia di milioni di euro anche per lo Stato, certificati da un algoritmo elaborato da Federcalcio e UEFA secondo cui l’attività dilettantistica genera oggi in Italia vantaggi all’economia per 2,1 miliardi all’anno, tra consumi delle società, interventi nell’impiantistica e creazione di occupazione. Una stima forse alta, ma indicativa.
La LND, nel prospetto presentato alla FIGC e discusso ieri insieme a quelli presentati da altre Leghe, ha chiesto un contributo pubblico di 12,5 milioni per compensare quelli che la prossima stagione non entreranno a causa delle società che falliranno.