L’Udinese ha deciso di presentare ricorso alla Suprema Corte di Cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Trieste, aprendo così un nuovo capitolo nella battaglia legale tra la società di Pozzo e il Comune di Udine. Di conseguenza la giunta guidata da Pietro Fontanini ha scelto di costituirsi in giudizio, dando il mandato della difesa agli avvocati Giangiacomo Martinuzzi, Claudia Micelli e Nicolò Paoletti, come riporta il quotidiano Messaggero Veneto.
Uno scontro che prosegue da marzo 2016, qualche mese dopo la sottoscrizione del contratto con Renault Italia, dopo che la società bianconera decise di installare le scritte “Dacia Arena” sull’esterno delle curve del nuovo stadio, senza attendere il via libera dell’amministrazione che in seguito ha respinto l’istanza.
Motivo del contendere è il fatto che la società bianconera non considera la scritta “Dacia Arena” né una forma di pubblicità, né un’insegna di esercizio, ma semplicemente una denominazione commerciale dello stadio. Non è dello stesso avviso il Comune di Udine, che in più occasioni ha chiesto la rimozione della scritta in quanto non conforme alle prescrizioni del codice della strada (per i cartelli il limite è di 6 metri quadrati, mentre con i suoi 24 metri di larghezza e i 2,71 metri di altezza la scritta supera anche la soglia dei 50 metri quadrati imposta per le insegne d’ esercizio).
Vedendo respinta la propria istanza, l’Udinese ha intrapreso due strade: quella amministrativa e quella del tribunale ordinario, ma fino ad oggi non ha mai visto riconosciute le proprie istanze, né davanti al Tar, né al Consiglio di Stato, né in Cassazione, né al tribunale ordinario, né tantomeno al giudice di pace. Ha perciò di giocarsi l’ultima carta ricorrendo alla Suprema Corte di Cassazione.
Nel frattempo le scritte Dacia Arena sono sempre rimaste al loro posto, ai due lati dell’impianto di piazzale Argentina, onorando il contratto quinquennale siglato con Renault Italia, del valore di 2,5 milioni di euro, in scadenza nel 2021.
Il Comune, in questi anni, non ha mai voluto desistere, deciso ad andare fino in fondo alla questione. «Riteniamo di essere nel giusto, e fino a oggi la validità della nostra posizione è stata dimostrata sia dai giudici amministrativi che da quelli ordinari. Speriamo di poter mettere la parola fine alla vicenda».