«L’importante è riprendere a giocare, ovviamente garantendo la sicurezza necessaria. Solo così si può pensare di tamponare la crisi che si è venuta a creare. Poi però bisogna cambiare la struttura del nostro calcio». È questa l’idea di Umberto Calcagno, avvocato e vicepresidente dell’Associazione italiana calciatori, nonché favorito per la successione a Damiano Tommasi alla presidenza, in un’intervista di Luciano Mondellini per Milano Finanza.
«Il calcio italiano è quello che tra i principali Paesi europei distribuisce meno ai più piccoli. Sia in termini di quanto la Serie A retrocede alle divisioni inferiori: in Italia siamo sul 10% dei proventi, mentre in altri campionati si va dal 15 al 17%. E sia per quel che concerne la forbice tra quanto incassano i top club e le società piccole in Serie A. In Inghilterra, che rappresenta il torneo più avanzato al mondo, questo divario è molto inferiore», ha proseguito.
«Se punterò anche su questo nel programma elettorale? Sicuro. Ma al momento le elezioni sono lontane e bisogna tamponare l’emergenza. Si parla sempre del calcio come un mondo dorato, in realtà il 50% dei calciatori professionisti guadagna meno di 50 mila euro lordi all’anno e questa percentuale si allarga al 70% se si considera il totale dei tesserati, visto che il 70% dei professionisti lavora in club di LegaPro. Ma non è finita qui. Oltre a quelli che ho citato ci sono poi 4mila accordi economici depositati per la Serie D oltre a Serie A e B femminile. De jure queste persone non sono professionisti ma de facto lo sono, vivono di calcio».
«Taglio stipendi? Il mondo del calcio è un universo variegato. Posso capire che i top club possano chiedere la sospensione di alcune mensilità a star milionarie, ma noi abbiamo società minori che vogliono che i propri dipendenti si taglino almeno due mensilità su quattro. Quando per chi guadagna 2.500 euro al mese non percepire una mensilità è un sacrificio già non di poco».
«Come associazione sicuramente daremo vita a un fondo solidaristico insieme con la Figc e spero che possano aderire altre componenti del calcio come le leghe di serie A e serie B. Sistema con una punta molto forte ma con una base fragilissima? E’ esattamente così e questa tendenza potrebbe ulteriormente acuirsi se prendessero piede manifestazioni che puntano sempre più a premiare i forti e mai a far ricadere i benefici del mondo del calcio anche sui più piccoli».
«Le parole di Tardelli (candidato alla presidenza Aic, ndr)? Io posso rispondere che io e mio fratello abbiamo sempre tutelato i calciatori e il lavoro di tutti i nostri iscritti», ha concluso Calcagno.