Il comparto sportivo professionistico e dilettantistico, e in particolare quello degli sport e delle serie considerate “minori”, è tra quelli in assoluto più colpiti dagli effetti dell’epidemia Covid-19 e dalle relative misure di contenimento disposte dalle pubbliche autorità.
Se la sospensione delle principali competizioni e dei campionati nazionali ha fin da subito azzerato i ricavi tipici delle società (mancati introiti da botteghino, sponsorizzazioni, diritti televisivi e merchandising), la probabile chiusura al pubblico degli impianti sportivi anche nel prossimo futuro rende fin d’ora necessario un complessivo ripensamento degli attuali equilibri (anche contrattuali) e dinamiche economiche e sociali attorno alle quali gravita l’intero comparto.
Tra gli aspetti all’attenzione delle società sportive in questo complesso e delicato momento, ci sono senza dubbio tutti quei “paletti” normativi di cui devono necessariamente tenere conto nella gestione operativa della “Fase 2”, al fine di limitare i profili di responsabilità legati alla ripresa delle attività e alla tutela della salute dei dipendenti e dei professionisti sportivi.
Profili di responsabilità in relazione alla ripresa delle attività
In linea generale, il datore di lavoro (la società sportiva, nel nostro caso) deve garantire, sul luogo di lavoro, il rispetto di tutte le misure di sicurezza previste dalla normativa vigente. La mera violazione di tali previsioni (anche in assenza di danni all’incolumità dei lavoratori) è sanzionata da fattispecie di reato, di norma contravvenzionali, con conseguente applicazione di sanzioni penali.
In aggiunta, sotto il diverso profilo civilistico/risarcitorio, ai sensi dell’art. 2087 c.c. «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro».
Il datore di lavoro è dunque gravato dell’obbligo “generico” di predisporre tutte le misure necessarie per prevenire i rischi, anche se non esplicitamente richiamate da specifiche norme, con la conseguenza che deve adottare tutte le misure suggerite, in quel determinato momento storico, dalla migliore tecnica/scienza (non essendo quindi sufficiente rispettare uno specifico e tassativo “catalogo” di prescrizioni se può esserne dimostrata l’inadeguatezza).
In caso di inosservanza si può incorrere in responsabilità sia civili che penali, che possono gravare sia sulla persona fisica, a cui può essere contestato il reato di lesioni colpose, che sulla società, cui può essere contestata la responsabilità amministrativa dipendente dal suddetto reato.
L’emergenza Covid-19 rende il dovere di garantire la sicurezza dei lavoratori ancora più gravoso, anche in considerazione del fatto che non ci sono “precedenti” cui ispirarsi rispetto alle situazioni che ci si trova a dover gestire. In questo contesto, il datore di lavoro è infatti tenuto a monitorare costantemente ogni fonte normativa (tra cui i D.P.C.M. e i decreti legge adottati nella fase emergenziale, il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 negli ambienti di lavoro”, i protocolli adottati dalle varie federazioni sportive, i protocolli regionali, la normativa e gli standard indicati dalle federazioni europee e internazionali), nonché l’evoluzione della conoscenza scientifica circa la malattia e modalità di contagio.
Nelle società sportive è peraltro necessario prevedere e applicare apposite misure e procedure che tutelino la salute e la sicurezza sia dei dipendenti che svolgono attività di supporto sia degli sportivi tesserati.
Per quanto riguarda il lavoro di chi svolge mansioni di ufficio, oppure di supporto all’attività degli sportivi tesserati (magazzinieri, giardinieri, staff, etc.) è possibile prevedere misure di sicurezza e procedure simili a quelle previste per i lavoratori impiegati in altri settori economici, prendendo come riferimento i relativi protocolli e linee guida. Per quanto riguarda l’attività degli sportivi tesserati, la previsione di procedure e misure adeguate presenta criticità maggiori, in considerazione delle caratteristiche proprie dell’attività sportiva e delle modalità di allenamento.
Le società dovranno, quindi, anzitutto, conformarsi ai protocolli e alle linee guida disponibili, se applicabili, adattandoli alla situazione concreta. E così, ad esempio, quanto agli atleti, alle “Linee-Guida ai sensi dell’art. 1, lettere f e g del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 aprile 2020. Modalità di svolgimento degli allenamenti per gli sport individuali” emanate dall’Ufficio per lo sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 4 maggio 2020.
Alla ripresa delle attività, le società, i dipendenti delle stesse e gli sportivi tesserati dovranno, inoltre, continuare ad osservare tutte le disposizioni di contenimento di carattere generale previste dalla legge, per non incorrere nelle relative sanzioni. Tali prescrizioni dovranno essere rispettate nello svolgimento di ogni attività della vita privata, oltreché nell’espletamento delle attività strumentali a quelle lavorative (ad esempio, negli spostamenti, compresi quelli necessari per recarsi sul luogo di lavoro).
E così, ad esempio, se i singoli individui (dipendenti e tesserati) sono tenuti al rispetto delle norme restrittive della libertà di movimento, allo stesso modo, le società possono essere sanzionate in caso di violazioni delle prescrizioni per il contenimento del Covid-19 e possono essere chiamate a rispondere, nella persona del datore di lavoro, a titolo di concorso, delle violazioni commesse dal dipendente (ad esempio, qualora il dipendente effettui uno spostamento non consentito dietro indicazioni del datore di lavoro).
È indispensabile valutare, con estrema attenzione, la scelta dei protocolli di cui dotarsi e delle procedure più corrette ed efficaci da adottare che permettano la ripresa e lo svolgimento dell’attività dei propri dipendenti (tra cui vi sono anche i tesserati) senza generare rischi alla salute degli stessi e dei terzi, che necessariamente si interfacciano con questi ultimi, e conseguentemente, fungano da protezione rispetto alle possibili responsabilità del datore di lavoro e della società sportiva.
Articolo a cura di Marco Maniscalco, partner, Francesco Sbisà, partner, e Martino Ranieri, senior associate di BonelliErede