L’elevato numero di positivi emersi nel Genoa dopo il match disputato contro il Napoli domenica ha fatto scattare l’allarme anche tra i partenopei, soprattutto in vista della prossima giornata di campionato prevista nel weekend. Entrambe le squadre, infatti, hanno intenzione di sottoporre tutti a un nuovo giro di tamponi per avere maggiori certezze sulle loro condizioni.
Questa situazione, però, alimenta allo stesso tempo ulteriori dubbi su come si possa arrivare alle diagnosi visto che in un primo momento tra i rossoblù erano risultati positivi solo Schone e Perin, che avevano poi saltato la trasferta del San Paolo.
Il virologo Fabrizio Pregliasco ha deciso così di spiegare come sia possibile che ci siano persone risultate negative a un doppio tampone sabato sera e risultati invece positivi solo poche ore dopo: “Purtroppo è possibile. Perché dal momento in cui la malattia viene contratta, questa potrebbe anche non essere rilevata da tamponi effettuati fino a 72 ore dopo che il virus comincia a manifestarsi nella persona. Dunque sarà successo magari nell’allenamento di giovedì, quando il portiere Perin era già infettato senza saperlo, che abbia finito per contagiare diversi compagni. I quali agli esami di sabato erano risultati tutti negativi. Tra l’altro la malattia ha un periodo di 2-5 giorni di incubazione. Dunque possibile, anzi probabile che Perin lo abbia contratto magari lunedì, nel giorno di riposo e poi “portato” in allenamento alla squadra”.
Il medico, pur non volendo alimentare le preoccupazioni, preferisce essere cauto e non esclude che anche in casa Napoli ora le diagnosi possano rivelarsi differenti rispetto a quanto emerso prima del match: “È così. Bisognerà attendere ancora qualche giorno per la certezza. Del resto i contagi stanno salendo in questo periodo e dunque i rischi ci sono. Difficile creare una permeabilità della vita comune. Però al tempo stesso va detto che non basta stringere “per errore” una mano per contrarre il virus. Occorre lavarsi le mani spesso. Come tenere le mascherine e le distanze”.
Anche per i calciatori e per chi sta costantemente a stretto contatto con loro, nonostante i controlli ravvicinati diventa quindi fondamentale seguire le norme di sicurezza che vengono indicate costantemente dai medici ed essere attenti nei propri comportamenti quotidiani: “Tecnicamente per lo sport esiste una soluzione che dia più sicurezza? «Dovrebbero fare una vita di clausura, come prevedeva il primo protocollo. Ma sinceramente mi pare impossibile. Siamo di fronte a un problema mondiale. Con una differenza fondamentale che distingue dagli altri il Covid. Prendiamo per esempio l’ebola: l’abbiamo fermato perché si trasmetteva solo fra malati clinici. Mentre il corona virus viene contagiato anche dagli asintomatici, seppur con minore carica virale” – ha concluso Pregliasco.