“Speriamo che il Covid-19 finisca presto e il calcio torni alla normalità, non se ne può più”. Lo ha dichiarato il ct dell’Italia Roberto Mancini, durante un’intervista a SportLab, l’evento digitale dedicato al futuro dell’industria dello sport per i 75 anni di Tuttosport e Corriere dello Sport-Stadio.
“Il Covid ci sta distruggendo. Fosse per me, manderei già da oggi più pubblico negli stadi, magari ben distribuiti tra i vari settori. Ci sono club che hanno bisogno degli incassi della domenica. Ci vorrà tempo per rialzarsi, tra poco sarà più di un anno che gli stadi sono vuoti e i club hanno bisogno dei soldi del botteghini”.
C’è del moralismo nel dire che il calcio deve fermarsi -prosegue il ct-. Quelli che dicono che il calcio non è essenziale vivono in un altro mondo. Il calcio ha pagato l’essere considerato uno sport di ricchi, ma in questo settore lavorano tante persone che hanno stipendi normalissimi. Non capisco come facciano a definire essenziali alcune attività e altre meno: per me lo è il calcio, perché è il mio lavoro, così come per chi ha un bar o chi vende i giornali”.
“Ci sono i magazzinieri, chi mette a posto il campo, chi pulisce gli spogliatoi, il cuoco che fa da mangiare. Mancanza di responsabilità dopo le vacanze? Noi siamo stati in ritiro 11 giorni e abbiamo fatto 11 tamponi, il calcio sta già vivendo in una bolla”, aggiunge Mancini.
“In Serie A giocano pochissimi italiani: è un po’ più difficile così per me. In Nazionale abbiamo tenuto i giocatori piu’ esperti abbinandoli a giovani talenti. Questo ci rende orgogliosi. Io credo di essere stato l’allenatore che ha fatto debuttare più giovani nei club in cui sono stato- C’è chi ha proseguito la scalata e chi no. Bisogna dare fiducia ai giovani, sono il nostro futuro. Nel momento storico in cui sono subentrato come commissario tecnico era necessario far giocare vari ragazzi, alcuni anche sconosciuti. Fino a questo momento siamo stati fortunati”