Atalanta Valencia Coronavirus – L’emergenza Coronavirus ha colpito duramente l’Italia intera, ma ci sono zone che hanno sofferto il contagio più delle altre. Tra queste la provincia di Bergamo, diventata simbolo dell’epidemia che ha coinvolto il Paese tra febbraio e marzo del 2020.
INTWIG, agenzia di ricerca, analisi dati e comunicazione, ha realizzato uno studio per provare a spiegare i dati sulla sovramortalità da Covid-19 in Lombardia. Confrontando i decessi registrati dalle anagrafi con quelli degli anni precedenti è stato rilevato che le morti riconducibili a Covid erano molte di più rispetto a quelle raccontate dai bollettini ufficiali.
In partciolare, analizzando la mortalità storica di ciascun comune è emerso che le morti attribuibili al virus SarsCov2 in provincia di Bergamo siano state in realtà oltre 6.000, il doppio di quelle dichiarate ufficialmente (3.100). Sulla base di questo lavoro è stato possibile fare una stima dei contagi (effettuata utilizzando un tasso di letalità a 1,6), da cui è risultato che circa il 36% degli abitanti della provincia aveva contratto il virus.
Dati confermati anche da una ricerca dell’Istituto Mario Negri di Bergamo pubblicata sulla rivista EBioMedicine (gruppo The Lancet). Secondo gli autori della ricerca, infatti, il 38,5% dei residenti in Provincia di Bergamo potrebbe aver contratto il virus SarsCov2.
Secondo l’analisi, un ruolo chiave nella trasmissione del virus è stato svolto dalla sfida di Champions Atalanta-Valencia, sfida giocata a Milano. Per cercare di capire se quell’evento possa avere involontariamente accelerato la diffusione del virus, INTWIG, in collaborazione con Report e Bergamonews, ha realizzato un’indagine tra i tifosi atalantini.
Al sondaggio hanno risposto 3.402 bergamaschi che la sera del 19 febbraio erano presenti allo stadio. I risultati dell’inchiesta sono chiari: oltre 1/5 dei tifosi intervistati (pari a 7.800-8.200 persone presenti allo stadio) ha dichiarato di aver avuto sintomi nelle due settimane successive all’evento. Una buona parte di questi ha poi effettuato un test, risultando positivo al Covid-19.
Le analisi sembrano dunque confermare l’ipotesi che la partita di Champions League possa essere stato un evento super-diffusore, consentendo al virus di contagiare migliaia di persone. L’ipotesi più credibile è che i contagi siano avvenuti durante il viaggio da Bergamo a Milano, negli assembramenti pre partita e nei festeggiamenti per la vittoria.
Quanto possa aver pesato lo spostamento di 36 mila persone è chiaro anche dalle risposte degli intervistati: gran parte di questi si è mossa con pullman organizzati (19%) o in macchina con amici (67%), prendendo poi la metropolitana. Oggi sappiamo che questi contesti che ospitano una grande densità di soggetti che parlano ad alta voce, gridano e cantano sono terreno fertile per la trasmissione del Covid.
Un’ulteriore conferma dell’ipotesi è stata riscontrata dall’analisi dei dati forniti da Report sui biglietti venduti per comune. Lo studio evidenzia come la gran parte dei tifosi fosse concentrata nell’aera urbana di Bergamo e nelle valli e fossero invece relativamente meno presenti in tutta la fascia sud della provincia.
Integrando queste analisi con quelle precedenti sulla mortalità è possibile ipotizzare che la partita abbia permesso la diffusione da paesi come Nembro e Alzano (1.200 tifosi presenti) all’area urbana di Bergamo e alla Val Brembana, risparmiando zone come l’ambito di Treviglio e Romano di Lombardia – situate a sud della provincia – in cui la concentrazione di tifosi era al di sotto della media.