Investimenti John Elkann – Insieme a suo nonno, l’avvocato Giovanni Agnelli, John Elkann è l’unico nella storia della dinastia torinese a concentrare su di sé le tre cariche più importanti all’interno dell’impero industriale della famiglia: quello di presidente della società operativa più importante (Fca), della holding quotata Exor (che oltre al Lingotto controlla anche Ferrari e la Juventus), e della cassaforte di famiglia Giovanni Agnelli Bv, la società di diritto olandese dove sono rappresentati tutti i rami della dinastia e dove Elkann è primo socio con il 38% circa tramite la società Dicembre.
Nei decenni scorsi infatti soltanto l’Avvocato aveva raggiunto quella che rappresenta una sorta di triplice corona all’interno della famiglia, essendo stato contemporaneamente presidente di Fiat, di Ifi (che oggi si è tramutata in Exor) e della accomandita Giovanni Agnelli sapaz, che ora è stata sostituita dalla Giovani Agnelli Bv con sede ad Amsterdam.
Un triplice primato che conferma la leadership indiscussa di cui Elkann (che è anche presidente della Ferrari) gode all’interno della sua famiglia e che consoliderà ulteriormente nel 2021 quando il nipote dell’Avvocato diventerà il presidente di Stellantis, la nuova società che sorgerà dalla fusione tra Fca e Psa Peugeot-Citroen.
A lato di questi business, però, ce ne sono altri meno noti in cui Elkann è impegnato o comunque in cui vi ha investito recentemente. Se l’editoria infatti rappresenta da sempre una delle sue passioni – Exor è primo azionista sia di Gedi (il gruppo che edita i quotidiani la Repubblica e la Stampa) sia di The Economist nel Regno Unito -, va detto che negli ultimi anni Elkann ha puntato molto sull’immobiliare di altissimo pregio. Mettendo nel mirino, con modalità diverse, sia il settore real estate di alta gamma di Londra sia quello di Milano. Non a caso due capitali finanziarie che prima dello tsunami Covis avevano visto rialzarsi di molto i prezzi degli immobili.
Investimenti John Elkann, Almacantar: il veicolo londinese
Exor è in trasparenza il primo azionista di Almacantar, società immobiliare inglese specializzata negli immobili di pregio sul mercato londinese. Fondata nel 2010 dal manager Mike Hussey (che tuttora la gestisce) Almacantar era controllata direttamente da Exor (con una quota del 35,8%) sino a 2016 quando la stessa holding di casa Agnelli ha ceduto, in un riassetto interno alle proprie controllate, la propria partecipazione a PartnerRe, societa di reassicurazione interamente controllata dalla stessa Exor. Nei fatti quindi la situazione non è cambiata granché: la quota di Alamcantar che era di proprietà di Exor è ora in pancia a PartrnerRe che è interamente controllata da Exor.
In questi anni Almacantar, che tecnicamente è controllata dalla società Almacantar Group, è diventata uno dei player più importanti del mercato immobiliare londinese sviluppando progetti nel centro della capitale inglese che hanno coinvolti edifici molto noti.
Tra i più noti c’è sicuramente il Centre Point, iconico palazzo all’incrocio ta le centralissime Tottenham Court Road e Oxford Road, oppure Marble Arch Place all’altra estermità di Oxford Street nei pressi d Hyde Park. Oppure ancora One and Two Southbank Place sulla riva meridionale del Tamigi quasi di fronte del Parlamento e di fatto sotto il London Eye, la ruota panoramica da cui si può dominare Londra.
Nel 2018, ultimo dato disponibile, Almacantar Group, ha deciso di passare per la prima volta all’incasso vendendo per 210 milioni di sterline il 125 Shaftesbury Avenue (nella zona dei teatri), la Space House per 150,3 milioni e 29 appartamenti per 79 milioni di sterline (con una media di circa 3 milioni di euro ad abitazione) nell’iconico palazzo Centre Point.
Nel complesso i proventi delle cessioni hanno raggiunto oltre 500 milioni di euro. Il tutti si è tradotto in incremento dei ricavi del 27% a oltre 129 milioni di sterline. Anche se l’ebit è crollato, scendendo dai 149 milioni del 2017 agli 11 milioni del 2018. Con inevitabili riflessi sull’ultima riga di bilancio: Almacantar ha infatti chiuso l’anno con un rosso di circa 20 milioni di sterline (22,5 milioni di euro) che si confronta con un utile di 146 milioni realizzato nel 2017. La perdita dipende anche dall’andamento del mercato immobiliare di Londra che era crollato sui timori per la Brexit.
Va detto però che se le cose fossero andate come previsto Alamcantar non sarebbe più nel portafoglio di Exor. Nella primavera di quest’anno infatti la holding aveva raggiunto un accordo la totalità di PartnerRe (e quindi anche Almacantar che ne è all’interno) per 9 miliardi di dollari ai francesi di Covea. Ma con l’esplodere del Covid questi ultimi hanno chiesto uno sconto (si dice nell’ordine di 2 miliardi di dollari) che Elkann non ha voluto concedere tenendosi quindi PartnerRe nel portafoglio di Exor.
Investimenti John Elkann, Merope: la società che opera su Milano
Meno noto dell’investimento in Almacantar è invece l’impegno di Elkann in Merope Asset Management, società fondata nel 2015 che investe negli immobili di lusso sul mercato milanese, in cui il presidente di Fca è presente nell’azionariato a fianco del country head di Credit Suisse per l’Italia Federico Imbert (uno dei più noti e apprezzati investment banker del Paese) e di Pietro Croce, ex banker di Jp Morgan e Ubs che materialmente gestisce la società.
Nel dettaglio la Merope Asset Management, che nel 2019 ha chiuso il bilancio in utile per 115mila euro (dai 33mila del 2018), fa capo per circa il 70% del capitale alla società Merope Holdco, controllata da Croce. Imbert invece ha una partecipazione del 10% mentre Elkann è presente tra i soci con un altro 10% attraverso la fiduciaria Nomen.
Tra gli asset immobiliari su cui Merope ha lavorato spiccano il palazzo al numero 5 di via della Spiga a Milano (una delle quattro vie del quadrilatero della moda) o quello all’angolo tra le centralissime via Torino e via della Lupetta sempre nel capoluogo meneghino. Mentre un terzo asset è un progetto di ristrutturazione a Praga e infine c’è un mandato a parte che riguarda la storica Villa Spinola, edificio storico sulla collina di Albaro a Genova, uno degli angoli più prestigiosi del capoluogo ligure.
Più recentemente Merope ha acquistato per 50,5 milioni la sede di Banca Ifis a Milano, un iconico palazzo situato in Corso Venezia. La cessione ha consentito a Banca Ifis di realizzare una plusvalenza pre-tasse di circa 25 milioni oltre a un risparmio annuo, a regime, di costi operativi di circa 1,5 milioni.
Inoltre nel 2018 tramite il veicolo di investimento Atlante, ha concluso l’acquisto dello storico edificio denominato Palazzo Bernasconi, situato all’angolo tra Corso Venezia e Via Palestro nel pieno centro di Milano (foto qui sotto), in un’area dall’elevatissimo valore immobiliare.
L’edificio che avrà destinazione mista tra retail e uffici, ha una superficie di circa 4mila metri quadrati ed è considerato tra gli addetti ai lavori uno dei principali trophy asset del capoluogo lombardo. E quindi anche del mercato italiano nel suo complesso.
Mentre a inizio 2020 ha concluso un nuovo investimento nel cuore di Milano con l’acquisizione di un palazzo storico in Via Manzoni 9. L’operazione è stata di poco superiore ai 30 milioni di euro, era stata già la sede milanese di Ifil, la holding di casa Agnelli che ora è stata sostituita da Exor. L’immobile, in particolare, si sviluppa su 6 piani fuori terra per una superficie lorda di circa 3.000 mq.
Investimenti John Elkann, la Coppa America e i legami con l’Avvocato Agnelli
Va detto che Croce può vantare una grande rete di relazioni a livello parentale che portano anche un legame storico con gli Agnelli. Il numero uno di Merope infatti è il figlio di Carlo Croce, che per 20 anni (sino al 2017) è stato il presidente dello Yacht Club Italiano di Genova, di gran lunga il più importante circolo velico italiano nonché uno dei più importanti al mondo. Tanto che sino a qualche anno fa Carlo Croce era anche presidente della Federazione Italiana Vela e di World Sailing, ovvero la Federvela mondiale.
In particolare però il padre di Carlo Croce (e quindi nonno di Pietro) era Beppe Croce, una delle figure più mitiche dello sport e dall’alta borghesia italiana. In un profilo scritto nel 1986 per il Bollettino dello Yacht Club Italiano il giornalista Piero Ottone (già direttore de Il Corriere della Sera) spiegava infatti che Beppe Croce «era nato nel 1914 in una grande famiglia della borghesia genovese. Un nonno, Emilio Borzino, fu presidente del partito liberale fino al 1927; la sua casa era frequentata da Benedetto Croce, da Luigi Einaudi, da Marcello Soleri. L’altro nonno, Beppe come lui, aveva fondato la federazione tennis, di cui fu il primo presidente, e fece giocare una volta la Coppa Davis nei giardini di casa».
Inoltre Ottone spiegava che «Beppe senior aveva fondato nel 1910 una società di assicurazione, il Lloyd Italico, che aveva ampliato nel 1930, acquistandone un’altra, L’Ancora; il gruppo era fra i più importanti in Italia».
Beppe Croce (nonno di Pietro) fu quindi assicuratore per professione sin tanto che non cedette la compagnia al gruppo finanziario – la Bi Invest – gestito dal genero Carlo Bonomi (il padre di Andrea Bonomi, il numero uno di InvestIndustrial, aveva infatti sposato Emanuela Croce, sorella di Carlo Croce che è quindi la zia di Pietro Croce).
Ma soprattutto Beppe Croce fu uomo di sport. Nel 1958, da presidente della Federvela, inventò con l’amico René Levainville la regata della Giraglia, uno delle corse mito di questa disciplina.
E nel 1962 con l’amico Giovanni Agnelli andarono insieme ad incontrare l’allora presidente degli Stati Uniti John Kennedy per perorare una prima partecipazione italiana alla Coppa America.
Quel tentativo andò male ma quella missione fu propedeutica per la partecipazione di Azzurra 20 anni più tardi. Ora invece a oltre mezzo secolo di distanza i due nipoti – Pietro Croce e John Elkann – sono soci per cercare successo nell’immobiliare di lusso e in qualche modo nel percorso tracciato dalle orme dei loro nonni.