Decreto Crescita sportivi professionisti
(Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Articolo a cura di Gianni Capuano, Managing partner Auditing and Accountability

Agenzia delle Entrate con propria Circolare Ministeriale (n. 33/E del 28.12.2020), ha provvisoriamente sospeso quanto disposto dal Decreto Crescita del 30 aprile 2019 che con decorrenza dallo stesso anno aveva esteso, la normativa tributaria agevolativa dei c.d. “rimpatriati” agli sportivi professionisti. Tale interpretazione ha creato trepidazione nel mondo degli sport professionistici appartenenti alle federazioni sportive riconosciute come tali dal CONI.

Ripercorrendo ed esemplificando il complesso delle norme sottostanti a tale disciplina appare evidente notare che l’art. 16, comma 5-quater del D.Lgs n. 147/2015 ha previsto che gli sportivi “professionisti” giunti per la prima volta, o semplicemente tornati a risiedere in Italia dopo essere stati per almeno 2 anni residenti fiscalmente all’estero e che si impegnino a risiedervi per almeno due periodi d’imposta, possano beneficiare di una detassazione del loro compenso lordo pari al 50%.

L’applicazione di tale norma ha permesso ai club del mondo professionistico di portare alle proprie dipendenze sportivi di alto calibro, avendo una importante leva finanziaria nelle contrattazioni con i procuratori nella determinazione del compenso netto da riconoscere ai propri assistiti.

A questo punto risulta scontato chiedersi: “dove risiede la giustificazione interpretativa rilasciate dall’Agenzia?”

Per rispondere in maniera completa a questo quesito è essenziale rammentare che il comma 5-quinquies dello stesso articolo 16 aveva disposto che l’attivazione dell’opzione per la detassazione del 50% prevedeva contestualmente l’obbligo di versare un contributo dello 0,5% da destinare allo sviluppo dei settori giovanili. Le modalità attuative di quest’ultima disposizione, su come far confluire nel bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e versare il contributo dello 0,5%, sarebbero state regolate da uno specifico Decreto attuativo ad oggi non ancora emanato.

Inoltre, secondo quanto riportato nella Circolare interpretativa di Agenzia delle Entrate, conformemente al parere rilasciato lo scorso ottobre dal Ministero dell’Economia (altro paradosso), la mancanza di tale Decreto renderebbe inapplicabile la normativa dei rimpatriati ai lavoratori sportivi, facendo ricadere la tassazione di questi ultimi nell’alveo della fiscalità ordinaria.

Lascia dubbi l’interpretazione fornita dall’autorità finanziaria delle entrate. Si fa presente che la norma originariamente emanata non crea alcun subordine tra l’applicazione del principio fiscale di detassazione del 50% del reddito imponibile degli sportivi “rimpatriati” e l’emanazione del suddetto Decreto.

Tale decreto dovrebbe, a parere dello scrivente, disciplinare esclusivamente le modalità operative di riparto delle somme rinvenienti dal gettito generato da questa norma e destinate in un apposito capito del bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il combinato disposto della disciplina Tuir relativa alla tassazione dei redditi da lavoro dipendente riportata negli articoli 49 e 51 e l’insieme delle norme correlate a tale opzione emanate successivamente sarebbero sufficienti a dare certezza dell’applicazione della norma originaria.

L’applicazione della norma, secondo l’interpretazione fornita da Agenzia delle entrate, avrebbe ovviamente la inevitabile conseguenza che le società sportive professionistiche che hanno applicato ai compensi la detassazione nel corso del 2020 risulteranno aver trattenuto ai vari dipendenti (nella maggior parte dei casi top player del mondo del calcio e del Basket) ritenute alla fonte insufficienti. Tutto ciò, esponendo le stesse, in qualità di sostituto di imposta, ad una ipotizzabile infedeltà dichiarativa con i conseguenti risvolti.

Lo stato attuale dell’arte pone i club davanti ad un bivio:

  • da un lato potrebbero decidere di sanare gli omessi versamenti delle ritenute (con ravvedimento) e successivamente intentare la procedura di rimborso, ed in caso di diniego impugnare il provvedimento o omettere l’integrazione del versamento auspicando un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle Entrate;
  • in ultima ipotesi auspicare una rapida emanazione del DPCM.
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