Tra una Jaguar rosa, una Porsche beige e Mario Mandzukic che si aggira per la hall di Palazzo Parigi, l’assemblea della Lega Serie A convocata nello storico albergo nel centro di Milano sembrava dovesse scorrere velocemente, quantomeno alla vigilia. Una formalità o quasi, considerando che tutte le nomine sembravano essere decise. Sembravano, appunto, perché da una prassi l’assemblea dei club si è trasformata in una trappola quasi riuscita dell’ala lotitiana, che lascia la Lega in uno stato di agitazione alla vigilia di alcune decisioni fondamentali, dalla trattativa coi fondi al tema dei diritti tv nazionale e internazionali per il prossimo triennio.
Alla fine la rielezione di Dal Pino è arrivata, anche più facilmente di come non fosse andato per alcuni dei suoi predecessori (per il secondo mandato di Beretta servirono cinque votazioni in due diverse assemblee tra dicembre 2012 e gennaio 2013). Ma l’attuale numero uno della Lega si è preso tempo per sciogliere le riserve: d’altronde, in pochi avrebbero potuto immaginare una maggioranza così risicata e una situazione come quella che si è verificata nell’assemblea fiume di giovedì, durata circa sei ore.
Le indiscrezioni della vigilia, infatti, davano tutto per fatto. Peccato che la realtà fosse ben diversa. Vero oggetto del contendere non tanto la posizione di Dal Pino, quanto alcune delle altre cariche in ballo, a partire dai due consiglieri Figc e dalla conferma non solo di Beppe Marotta, ad dell’Inter, ma anche di Claudio Lotito, presidente della Lazio, insidiato da Claudio Fenucci, ad del Bologna. Non è un caso se proprio su questo tema politico si sia schiantata, inizialmente, l’assemblea. Così la prima votazione per l’elezione del presidente è finita con un nulla di fatto: 10 voti per Dal Pino (quorum a 14), le altre 10 tra astenuti e schede bianche, che fotografa l’immagine di una Lega comunque ben più spaccata di quanto potesse sembrare.
La fumata nera sulla prima votazione ha creato scompiglio, portando alla sospensione dell’assemblea per un paio d’ore. Serviva trovare una quadra sulle nomine per superare l’empasse, in sostanza trovare il modo per far rientrare il “problema” Lotito. Qui Dal Pino ha voluto forzare la mano, togliendo dal tavolo la propria candidatura e spingendo per proseguire con il resto delle votazioni previste dall’ordine del giorno, lasciando in sostanza in sospeso l’elezione del presidente.
Ipotesi tuttavia respinta da 18 club su 20, che si sono dichiarati d’accordo ad una seconda votazione per il ruolo del numero uno. Una situazione sbloccata anche perché nel frattempo si era sbloccata la situazione relativa al Consiglio Figc: Fenucci ha infatti ritirato la propria candidatura, venendo quasi costretto ad inviare addirittura una Pec alla Federazione per ufficializzare il proprio passo indietro aprendo la strada alla rielezione di Lotito che così ha confermato di avere ancora una certa influenza su alcuni dei suoi colleghi.
I club sono passati così alla seconda votazione, con Dal Pino rieletto con 14 voti, quelli necessari per raggiungere il quorum. Non abbastanza per garantire una maggioranza serena in vista delle prossime votazioni su temi delicati, a partire dai fondi. Da qui anche la decisione del manager milanese di prendere tempo per riflettere se accettare o meno: “Gli incarichi in quanto tali non mi interessano, ho apprezzato di aver ottenuto 14 voti, ma mi prenderò dei giorni per ragionarci”, le sue parole dopo l’assemblea.
Una decisione anche per capire se quei 14 voti potranno aumentare nel momento della decisione sui fondi o se all’orizzonte c’è il rischio di qualche nuovo tranello. Anche perché Dal Pino ha legato strettamente il suo nome a tutta l’operazione con la cordata Cvc, Advent e Fsi: se non dovesse essere confermato a presidente, il rischio che la trattativa possa saltare diventerebbe quasi realtà. E allo stesso tempo Dal Pino non vorrebbe prendersi il rischio di rimanere in carica con la prospettiva che dall’assemblea spunti qualche nuovo franco tiratore che faccia saltare l’affare sulla Media Company.
Se ne saprà di più probabilmente il prossimo 28 gennaio, quando è stata convocata una nuova assemblea con al centro i diritti tv nazionali: previste, come in ogni assemblea, in apertura alcune comunicazioni da parte del presidente. E in quel momento Dal Pino potrebbe sciogliere le riserve sul futuro: una attesa per cercare di consolidare intorno a sé i voti pro-fondi, alla luce anche delle difficoltà economiche dei club e di quanto i fondi potrebbero garantire alle società in termini di liquidità.
Resta una posizione scomoda e una Lega quasi spaccata, anche perché, come detto, la maggioranza non è saldissima e i giochi di potere tra i tavoli di via Rosellini sono ormai all’ordine del giorno. Anche considerando che ci sono nomi importanti tra chi si è astenuto: insieme a Lotito anche De Laurentiis e Percassi, tre dei principali club italiani, oltre alla Fiorentina e Joe Barone, scottata forse anche dal tema stadio.
Dall’altro lato, per Dal Pino sono arrivate le rassicurazioni da Juve, Milan e Inter. “Dal Pino accetterà la carica? Ha fatto un ottimo lavoro, sono per la conferma in blocco di tutti i dirigenti”, le parole dell’ad nerazzurro Marotta ieri dopo l’assemblea.
Sullo sfondo resta il tema della spartizione delle cariche tra Lega, Figc e Media Company. Un tema che forse alla vigilia non andava così sottovalutato, considerando che saranno tre diversi centri di potere rilevanti nei prossimi anni, anche se, tutto sommato, alla fine sono poche le squadre rimaste fuori.
Tra i consiglieri di Lega sono stati eletti:
- Paolo Scaroni (Milan)
- Luca Percassi (Atalanta)
- Tommaso Giulini (Cagliari)
- Maurizio Setti (Hellas Verona)
I due consiglieri federali saranno:
- Beppe Marotta (Inter)
- Claudio Lotito (Lazio)
Nel CdA della nuova Media Company siederanno:
- Claudio Fenucci (Bologna)
- Andrea Agnelli (Juventus)
- Stefano Campoccia (Udinese)
- Aurelio De Laurentiis (Napoli)
- Guido Fienga (Roma)
- uno tra Gianluca Vidal (Sampdoria) e Giovanni Carnevali (Sassuolo)
Dodici club su venti avranno così un rappresentante nelle diverse stanze dei bottoni. Qualcuno intravede una linea più lotitana per la politica di Lega e più vicina alle big per la più commerciale Media Company: una spartizione dei poteri quasi totale, ma che potrebbe nascondere ancora nuovi colpi di scena.