La battaglia ancora in corso sul tema dei diritti tv sembra essere vicina a una conclusione, ma molto dipende dalla tenuta del fragile armistizio fra i club. La tregua sta però vacillando pericolosamente, anche alla luce dei problemi riscontrati da Dazn nel weekend, che hanno risvegliato le società contrarie all’assegnazione della Serie A alla piattaforma di sport in streaming per il ciclo 2021-2024.
Nella giornata di ieri, quattro squadre – Sampdoria, Genoa, Sassuolo e Crotone – hanno scritto al presidente della Lega Serie A, Paolo Dal Pino, e al presidente della FIGC, Gabriele Gravina, per chiedere una riduzione delle maggioranze deliberative in Serie A.
«Le maglie strette dello Statuto di Lega consentono a minoranze risicate di 7 associate di attuare in danno delle altre 13 società blocchi sistematici e reciproci di ogni sorta di delibere, routinarie o vitali che siano per l’associazione», recita una lettera visionata da MF-Milano Finanza.
Il riferimento implicito è al blocco di 7 club che ha posto il veto all’ingresso dei private equity nel campionato italiano. Per aggirarlo i quattro firmatari propongono di ridurre da 14 a 11 il numero di voti necessario ad assumere buona parte delle decisioni sulle strategie commerciali.
Un’idea condivisa anche da Gravina. «C’è una disparità non più tollerabile sui quorum costitutivi e sulle maggioranza deliberative delle leghe, non si procede con il principio della democrazia, per questo motivo abbiamo invitato la Lega Serie A ad adeguarsi ai principi informatori del Coni e alle regole della Federcalcio».
La modifica dello Statuto richiederebbe mesi, ma potrebbe rimettere in gioco l’offerta da 1,7 miliardi avanzata da Cvc, Advent e Fsi per il 10% della media company della Serie A. I fondi possono contare sui voti di 13 club che nel nuovo assetto sarebbero sufficienti ad approvare l’offerta, nonostante la contrarietà di Juventus, Inter, Atalanta, Lazio, Verona, Fiorentina e Napoli.
Il rischio di un nuovo conflitto in seno al massimo campionato è insomma alto e qualcuno teme che anche l’assegnazione dei diritti tv possa cadere vittima del fuoco incrociato fra presidenti.