Champions League Infinity
(Foto: Poolfoto Panoramic, via Onefootball)

Trasformare la finale di Champions League in un evento, soprattutto a livello globale. È questo l’obiettivo a cui ha puntato e sta puntando l’Uefa negli ultimi anni: avvicinarsi, di fatto, a una partite in stile Super Bowl, non tanto come spettacolo (che ai tifosi europei probabilmente non interessa) quanto piuttosto a livello economico.

D’altronde, era stato Karl-Heinz Rummenigge a sottolineare, già nel 2016, quanta differenza ci fosse a livello di portata tra le due gare: “Attualmente c’è una potenzialità inespressa dei format del calcio, visto che la finale di Champions vale oltre un miliardo di euro contro i 5 miliardi del Super Bowl del football americano”. Un divario che rimane ampio, a distanza di anni da quella frase.

Non è un caso se, infatti, la stessa Uefa stia valutando soluzioni alternative: dalla Final Eight, come quella andata in scena nella passata stagione (a causa della pandemia) all’ipotesi di una Final Four, per cercare di creare un evento intorno alle ultime gare della stagione.

Eppure i numeri parlano, rispetto al Super Bowl, di una portata diversa ma non troppo per quanto riguarda ad esempio l’audience: a partire dall’audience: per la finale nella stagione 2018/19 (ultimi dati ufficiali Uefa disponibili), la federcalcio continentale parla di 94 milioni di spettatori live, mentre per l’ultimo Super Bowl tra i Tampa Bay Bucaneers contro i Kansas City Chiefs secondo i dati diffusi da Nielsen, hanno seguito la partita dell’anno in tv 96,4 milioni di telespettatori, la cifra più bassa dal 2007 quando i Colts di Indianapolis e i Chicago Bears incollarono al piccolo schermo 93,1 milioni di telespettatori.

Va ricordato, tra l’altro, che da una parte si parla di uno degli sport più popolari in uno degli stati più ricchi al mondo con la maggior propensione al consumo; dall’altro, invece, si parla dello sport più seguito a livello globale nel suo evento di spicco a livello stagionale.

Eppure, dal punto di vista economico, tuttavia, il divario tra le due competizioni è netto: mella stagione 2018/19 (ultima stagione disputata interamente con il pubblico), la Champions ha portato nelle casse dell’Uefa 2,853 miliardi di euro, di cui 2,4 miliardi da diritti tv, 409 milioni di ricavi commerciali, 16 milioni dalla vendita dei biglietti e 21,1 dall’hospitality. Numeri in forte crescita, considerando che sono raddoppiati nelle ultime cinque stagioni, passando da 1,445 miliardi nel 2013/14 ai sopracitati 2,8 miliardi. Di questi, 1,9 miliardi finiscono nelle tasche dei 32 club che hanno partecipato alla fase finale, in base ai risultati.

Per quanto riguarda la NFL, invece, nel 2019 il torno statunitense ha avuto complessivamente ricavi stimati intorno ai 17 miliardi di dollari, di cui oltre 5 miliardi dai diritti tv. Di questi, circa 8,8 miliardi di dollari sono stati distribuiti alle 32 franchigie, ovverosia 274 milioni per ciascuna squadra.

Numeri, tra l’altro, destinati a crescere, dopo il nuovo contratto per i diritti tv: un accordo da oltre 100 miliardi di dollari, quasi 10 miliardi l’anno, tra i quali un miliardo a stagione dalla sola Amazon.

Una differenza netta: motivo per cui l’Uefa punta ad accorciare il gap, anche se sarà difficile, cercando di aumentare il numero delle partite con la riforma della Champions League che entrerà in vigore dal 2024. Ma non è detto basterà, al netto di eventuali nuovi tentativi sul fronte Superlega: malcontenti, queti ultimi, che nascono appunto anche dalla differenza economica con altre competizioni top, alla luce di un potenziale ritenuto inespresso della Champions.

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Classe 1990, giornalista.