Analisi a cura di arch. LUCA FILIDEI
Organizzare un importante evento come un Europeo e, prima ancora, il Campionato Mondiale di calcio non è certamente un’operazione semplice. Diverse nazioni, protagoniste di alcune edizioni del passato, hanno infatti pianificato una strategia caratterizzata da un’estrema – e quindi criticabile – afferenza al “momento” (esclusivamente le partite della competizione), senza pianificare il periodo successivo.
Il match di stasera, tra Finlandia e Belgio, appuntamento fondamentale per le speranze dei finnici di accedere agli ottavi, invece definisce un’estensione a livello internazionale dell’utilizzo di un’infrastrutture sportiva inaugurata nel 2017, realizzata in qualità di gioiello assoluto di Russia ’18. La Gazprom Arena, casa dello Zenit San Pietroburgo campione della Premier Liga 2020/2021, ha infatti ospitato svariate partite della Confederations Cup 2017 e del Mondiale (7 in totale, tra cui una semifinale e la finale per il terzo posto), proseguendo comunque ad avere buone medie spettatori anche ad evento concluso.
A prova di ciò, i 62.315 posti che vanta lo stadio (incrementati temporaneamente nel 2018 fino a 64.468), sono stati occupati in media per il 70,5% nella stagione 2017/2018 e addirittura per circa il 77,4% in quella successiva a Russia ’18. Cifre che comunicano l’impatto del nuovo impianto, capace di innalzare le presenze rispetto ai 16.813 spettatori in media del campionato 2016/2017: un dato che in parte deriva anche dalla ridotta dimensione del Petrovsky Stadium (San Pietroburgo, 1925), in grado di ospitare solo 21.405 persone.
Tuttavia, è interessante notare come, questo “ritorno del pubblico”, sia collegato, oltre alla notevole capienza e all’eccelso comfort della Gazprom Arena, anche ad una relazione con il passato, poiché era proprio sull’isola Krestovsky che si ergeva l’iconico Kirov Stadium (1950), stadio che raggiunse il record di 110.000 presenze in occasione di un match della nazionale sovietica, ospitando anche la cerimonia d’apertura dei Goodwill Games 1994, con la presenza del presidente Boris Yeltsin.
Il nuovo impianto, costruito sul sedime del precedente, ne ricalca sostanzialmente il footprint, mantenendo l’entrata monumentale a est e, in parte, la morfologia dei terrapieni che accompagnavano lo spettatore verso gli ingressi alle tribune. D’altra parte, però, la Gazprom Arena, accodandosi ad un trend ormai diffuso in Russia, viene definita da un design, fortemente affine al concetto di (luminosa) icona mediatica, capace di trasmettere l’internazionalizzazione, la crescita (o il progresso) di un nuovo potere geo-politico, sottolineando l’evoluzione non solo di San Pietroburgo, ma di tutta la nazione.
Il classico stadio, realizzato in periodo sovietico, con un layout definito da una pianta ovale circondata da un singolo ed esteso anello, emblema di quella struttura-manifesto in grado di esprimere, anche per le sue dimensioni, la forza di un Paese, viene sostituita da un’architettura autoreferenziale, landmark assoluto di un distretto in persistente cambiamento.
Perché a est della Gazprom Arena, laddove un tempo c’era la proprietà della famiglia Belosselsky-Belozersky (in realtà estesa per tutta l’isola), ora c’è una vibrante area in cui si interfacciano svariati impianti sportivi come la Sibur Arena (2013), oltre al luna park Divo Ostrov (2003) e al vasto spazio verde che si estende ai lati del viale Batareynaya Doroga, l’asse che conduce verso l’entrata monumentale dello stadio. Elementi che confermano il ruolo centrale dell’impianto in qualità di polo attrattore, considerando l’apertura del cantiere addirittura nel 2006.
Da quell’anno, infatti, la zona ha cominciato a mutare radicalmente il suo aspetto, rivitalizzata anche da un ritorno, quello dello Zenit San Pietroburgo (nel 2017), che comunque mancava dal 1992. Ciò ha comportato addirittura, ovviamente nella previsione di ospitare grandi eventi internazionali, una riqualificazione della rete infrastrutturale, il cui miglioramento, in termini di presenza sul territorio ed efficienza, è stato ritenuto imprescindibile. La Line 3 della metropolitana, ad esempio, è stata prolungata, superando la Neva Bay e il Great Nevka, fino a Begovaya, interessando proprio la zona ovest dell’isola Krestovsky con una nuova fermata, inaugurata nel 2018. La stazione, riaperta recentemente in seguito alle limitazioni imposte dalla situazione sanitaria, rappresenta una “sala dei trofei” dello Zenit, definendo, anche grazie ad un’apprezzabile infografica, l’avvicinamento verso lo stadio.
Proprio la particolare posizione della fermata, consente una nuova prospettiva della Gazprom Arena, attivando un nuova e frequentata via d’accesso a ovest, e modificando così la percezione del principale percorso (il viale Batareynaya Doroga), da sempre emblema del Kirov Stadium. Tale (parziale) decentralità, in grado di modificare il classico “sistema sovietico”, basato su assi lineari, ribadisce la già citata volontà di internazionalizzare l’immagine del Paese, rivalutando, allo stesso tempo, il waterfront verso il Golfo di Finlandia, completamente ridefinito nel suo profilo (con addirittura la costruzione di un eliporto).
Qui, davanti al nuovo raccordo sopraelevato denominato Western High-Speed Diameter, realizzato per consentire un più rapido attraversamento della città e una conseguente riduzione del traffico nelle vie più centrali, è stato pianificato un grande spazio principalmente destinato al tempo libero e allo sport, in cui è localizzato il circolo canottieri prospicente al Grebnoy Kanal e, come simbolo del luogo, un originale arco commemorativo (2002, progettato dall’architetto Igor Gunst) per i 300 anni dalla fondazione di San Pietroburgo.
Allo stesso tempo, la prima separata zona nord, al di là del Great Nevka, ora è direttamente connessa per via di un ponte su cui è presente un percorso ciclopedonale capace, quindi, di stabilire una relazione diretta con la Gazprom Arena. Uno stadio, progettato dall’architetto giapponese Kisho Kurokawa, purtroppo scomparso durante le prime fasi del cantiere, nel 2007, che però, oltre a definire il “motore” di una rigenerazione urbana, rappresenta anche una notevole modello di innovazione tecnologica. Con una superficie di oltre 262.000 mq distribuita su 9 piani, l’impianto svetta nello skyline di San Pietroburgo grazie agli 8 piloni che raggiungono l’altezza di 110 m.
La copertura alta 79 m, in ETFE e retrattile, è dotata di un sistema “scaldante” per evitare l’accumulo della neve, oltre ad una movimentazione azionata da motori ad alta efficienza energetica. Gli stessi ascensori, disposti a servire tutti i settori dello stadio, sono caratterizzati da un sistema a recupero di energia, in grado di ridurre del 60% i consumi tipicamente necessari per il loro funzionamento. Una logica, affine alla sostenibilità ambientale, applicata a tutta la struttura, contraddistinta da sistemi di recupero del calore, un innovativo impianto HVAC (fino a -70% di consumo di energia elettrica), un campo da gioco spostabile (che garantisce un adeguato irraggiamento) e un controllo “domotico” in grado di regolare la distribuzione delle risorse energetiche a seconda dell’effettiva occupazione dello stadio.
Ciò, sommato anche al particolare trattamento dell’accessibilità, in cui è stata privilegiato il raggiungimento tramite il servizio pubblico o la mobilità dolce, ha permesso alla Gazprom Arena di ottenere la certificazione “RUSO. THE FOOTBALL STADIUMS” nel 2017, di fondamentale importanza secondo i nuovi principi definiti dalla FIFA per il Mondiale ’18. Un evento, quest’ultimo, trascorso ormai da tre anni. Un lasso di tempo, anche contraddistinto da un grande dramma come la pandemia, che vede ora lo stadio di San Pietroburgo riaccendersi, quasi a simboleggiare la tappa di un percorso, in occasione delle partite di Euro 2020.
In questo senso, la già citata riapertura della stazione Zenit, chiusa per diverso tempo, ha il potere di riattivare un’area che, grazie allo stadio, può tornare ad essere centrale nella vita della città, aprendo a cittadini e turisti un nuovo panorama capace di superare lo straordinario Golfo di Finlandia, arrivando, almeno con l’immaginazione, verso una nuova identità ancora tutta da esplorare, il cui prossimo step sarà la finale della UEFA Champions League 2022.