Tutto (o quasi) nelle mani di Nasser Al-Khelaifi. L’estate dell’all-in per il suo Paris Saint-Germain arriva dopo una primavera in cui era già entrato anche nelle stanze dei bottoni, a livelli più alti per quanto riguarda la politica sportiva.
Il numero uno del PSG è stato uno dei pochi, tra i dirigenti dei top club, ad uscire indenni dalla vicenda Superlega: il club francese se ne era tirato fuori fin da subito, anche probabilmente per questioni extra-PSG (c’è pur sempre un Mondiale da far giocare in Qatar), e Al-Khelaifi è riuscito ad approfittarne al meglio, prendendo il posto che era di Andrea Agnelli al vertice dell’Eca (l’associazione europea dei club) ed entrando così, in un ruolo da protagonista, anche nel Comitato Esecutivo Uefa. “Non ho dubbi che il nostro rapporto con l’Eca e i nostri forti legami dimostreranno che insieme potremo modernizzeremo il calcio europeo”, le parole con cui lo ha accolto Aleksander Ceferin, presidente dell’Uefa.
L’Eca che avrà un ruolo particolarmente importante non solo per delineare quale sarà il calcio dei prossimi anni in campo, ma anche a livello economico. L’Uefa è infatti pronta a svelare il nuovo Fair Play Finanziario, con salary cap, luxury tax per chi la dovesse superare e niente più regola sul break-even. Un nuovo sistema di controllo economico-finanziario che passa necessariamente dall’approvazione da parte dei club, principali stakholder dell’Uefa per molte delle decisioni (come visto negli ultimi anni nel rapporto Ceferin-Agnelli). E qualcuno potrebbe anche storcere il naso, considerando il rapporto invece tra l’Uefa e il PSG sul tema del FPF, oltre al fatto che i parigini hanno chiuso il bilancio 2020 a -175 milioni, ne potrebbero perdere altrettanti nel 2020/21 e nell’estate in corso hanno aggiunto 80 milioni netti di stipendi, da Messi a Donnarumma passando per Hakimi.
Se essere presidente dell’Eca comporta comunque un rischio di conflitto di interessi, considerando il fatto di essere al tempo stesso rappresentante di un singolo club, ancora più complessa è infatti la situazione di Al-Khelaifi, che si trova nella posizione non solo di essere uno dei principali stakeholder dell’Uefa, ma anche uno dei suoi finanziatori.
È dello scorso giugno infatti la notizia dell’accordo tra la federcalcio continentale e BeIN Sports (fondata dallo stesso Al-Khelaifi, che oggi ne è anche il presidente) per il rinnovo dei diritti tv delle coppe europee nell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa) per le prossime tre stagioni calcistiche: le sfide saranno trasmesse in arabo, inglese e francese attraverso 24 Paesi, dal Marocco all’Oman, includendo così (parrebbe) anche l’Arabia Saudita, con l’emittente che verserà un totale di circa 500 milioni di dollari (166 milioni circa a stagione). Un importo in calo di circa il 25% rispetto al triennio 2018/21 ma comunque consistente, considerando che l’Uefa incassa circa 2 miliardi a stagione dai diritti tv della Champions League. Con il rischio di un rapporto sull’asse Doha-Parigi-Nyon che possa diventare imbarazzante.