I venti di guerra tra la UEFA e la FIFA sono sempre più forti. Tanti che oggi il quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung ha svelato che martedì si è tenuta una riunione tra le 55 Federazioni che fanno parte dell’UEFA per discutere del progetto di organizzare il Mondiale ogni due anni.
Un’ipotesi che i vertici del cacio europeo non vedono di buon grado perché intaserebbe un calendario congestionato già oggi. La riunione si è conclusa con la decisione da parte della UEFA di scrivere una lettera alla FIFA per un summit urgente tra la Confederazione europea e quella mondiale per iniziare dei colloqui sulla questione.
CONMEBOL, UEFA e i club più ricchi del pianeta iniziano a sembrare molto isolati sul tema. Il piano è stato sostenuto dalla Confederazione calcistica africana (CAF) e da diversi paesi asiatici, insieme alla Caribbean Football Union.
Le intenzioni delle due parti (contrapposte) del resto, sono note. La FIFA organizza il Mondiale ogni quattro anni e da questa manifestazione trae la linfa per sostenere i propri bilanci durante il quadriennio che separa una rassegna iridata da un’altra. Il Mondiale per Club, per quanto prestigioso, non porta granché alle casse della massima organizzazione del calcio mondiale e la Confederations Cup ha dimostrato di essere un esperimento fallimentare.
La UEFA, al contrario, ha due grandi fonti di entrate. In primo luogo, l’Europeo, appena vinto dall’Italia, che sebbene non possa vantare il giro d’affari del Mondiale, ormai è molto vicino (nei fatti è un Mondiale senza Brasile, Argentina e Uruguay). Anche questa tonifica i bilanci Uefa per un periodo quadriennale.
Ma la confederazione europea ha un’arma in più: ovvero la Champions League, la più redditizia kermesse internazionale del pallone mondiale per club, che ha soprattutto il grande vantaggio di avere cadenza annuale. Questa – insieme alle altre competizioni europee per club –, sebbene distribuisca la gran parte dei premi alle squadre partecipanti, garantisce alle casse Uefa oltre 500 milioni di euro ogni stagione.
In questo quadro non sorprende per esempio il tentativo di Infantino dei mesi scorsi di studiare una sorta di Champions a livello mondiale aprendo anche alle squadre sudamericane. Un tentativo sinora messo in soffitta sia per le difficoltà legate al Covid ma anche per la constatazione oggettiva che vista la tecnologia attuale in termini di trasporto aereo non è così semplice una manifestazione siffatta. Pensando alle difficoltà che hanno i giocatori latinoamericani quando tornano dalle gare con le loro nazionali, come si può pensare di far fare trasferte intercontinentali per giocare a Rio de Janeiro o Buenos Aires e poi tornare in tempo per essere pienamente in grado di giocare nel campionato di appartenenza.
Di qui l’idea di Infantino di raddoppiare la cadenza dei Mondiali. Una scelta però che va in netto contrasto alle esigenze della UEFA (e anche delle altre confederazioni) che vedrebbero messi in pericolo i vari tornei continentali per nazioni. A meno che non si voglia organizzare un grande torneo praticamente ogni anno innalzando ancora di più il tasso di usura dei giocatori. Oppure imponendo ai club rose ancora più numerose con il risultato di aumentare ulteriormente il monte salari.
Ma su questo scontro si innesta un’altra battaglia: quello tra lo stesso Ceferin e la Superlega. E siccome in tutte le guerre, il nemico del mio nemico è un mio amico, ecco che mai come ora Florentino Perez, Andrea Agnelli e Juan Laporta sono vicini a Infantino (non a caso Perez era uno dei maggiori fautori del torneo intercontinentale per club di cui sopra).
Insomma, Ceferin appare il grande vincitore ora e può vantare due grandi fonti di ricavi: l’Europeo per Nazioni e la Champions League. Ma è attaccato su entrambi i fronti. Al momento ha difeso molto bene i suoi asset ma non è detto che la situazione possa mutare.