In occasione del Social Football Summit, evento dedicato alla sport industry in corso di svolgimento a Roma, nella cornice dello stadio Olimpico, Andrea Di Biase – Senior Partner di Calcio e Finanza – ha intervistato l’amministratore delegato della Lega Serie A, Luigi De Siervo.
Tanti i temi toccati dal manager, a partire dalle difficoltà portate dalla crisi pandemica, passando per la necessità di un miglior controllo dei costi alla Superlega. «Quando siamo stati leader nel mondo del calcio non abbiamo avuto la forza di conquistare certi mercati», ha esordito a proposito delle difficoltà del sistema in Italia.
«Qui c’è un problema con la politica, il calcio è stato scelto come capro espiatorio. L’Olimpico poteva accogliere il 100% di tifosi ma siamo stati limitati. In questi tempi il populismo ha fatto da padrone, non abbiamo voluto intervenire nella lotta alla pirateria, non abbiamo fatto nulla per rimuovere il divieto di sponsorship nel betting», l’accusa lanciata alle istituzioni.
«Vorremmo un approccio diverso da parte della politica, anche per il tema stadi, tutti questi elementi cristallizzano l’impossibilità di una rincorsa del calcio italiano. Il calcio è business, dobbiamo essere meno ipocriti e pensare che il calcio si sostiene con stadi e diritti tv. La pandemia ha enfatizzato le difficoltà, dobbiamo considerare una serie di norme che ci consenta di tornare a correre», ha aggiunto De Siervo.
Inevitabile parlare di Superlega, che per De Siervo non è una soluzione: «Un’analisi con Deloitte certifica una diminuzione del 30% dei ricavi per la Serie A con la Superlega. C’è anche il tema del calendario, che certificherebbe la nostra soccombenza. L’elemento chiave è che le 12 firmatarie erano tra le 14 più indebitate, non si può cercare di compiere una prepotenza, ma migliorare il sistema attuale», ha spiegato.
«Cambiare la Champions è un passo, per fare sì che le squadre che investono possano essere premiate. Newcastle o altre società detenute da fondi sovrani rischiano di rovinare il mondo del calcio, perché portano a una crescita folle del valore dei calciatori. Riteniamo che dalla Superlega possa nascere una riflessione profonda che porti i club a essere sostenibili», le parole dell’AD della Serie A.
«Dobbiamo concentrarci su un sistema di regole, dobbiamo vigilare che il sistema di revisione del Fair Play Finanziario non allenti le sue maglie», ha aggiunto, sottolineando che il «sistema di controllo dei costi spagnolo mi piace molto. Stiamo studiando per portare in assemblea una serie di proposte in questa direzione, non necessariamente uguali perché ogni Paese è diverso».
Per De Siervo, c’è chi in questa situazione non ha fatto la sua parte: «I calciatori, è bene dirlo, non hanno fatto la loro parte. La pandemia ha creato una situazione che ha reso nude le squadre alle prepotenze di giocatori e agenti. In un mondo in cui costi sono focalizzati sulle retribuzioni, è difficile comprimere. L’invito che va fatto a questa categoria di privilegiati è che anche loro devono avere una prospettiva di guadagno, ma vincolata ai risultati economici dei club».
Tornando al Fair Play Finanziario, per il manager la prima proposta di riforma della UEFA «deve essere modificata radicalmente. Questi Stati usano il calcio come strategia di soft power e rischiano di mettere fine al sistema calcio».
A proposito di questo riferimento, De Siervo ha risposto anche alle dichiarazioni sulla Serie A da parte di Amanda Staveley, del Newcastle: «Le ho mandato il libro delle favole di Esopo, quello della volpe e dell’uva. Chi ha fatto questa affermazione dimostra di non conoscere l’Italia e il calcio italiano».
In chiusura, una battuta sul tema fondi e sul progetto mai concretizzato con CVC, Advent e Fsi: «Avevamo lavorato su un progetto in linea con quanto rappresentato. In questi quattro mesi siamo stati in grado di realizzare un importante centro di produzione televisiva. Siamo già a tutti gli effetti una Media Company, ma è evidente che una riflessione è aperta. La modalità spagnola (con CVC, ndr) è riuscita a gestire anche soggetti che hanno deciso di non partecipare (Barcellona e Real Madrid, ndr), questo potrebbe essere un meccanismo in cui chi non ritiene giusto cedere ricavi prospettici può rimanere nel sistema senza impedire agli altri di svilupparsi. Quello che invidio alla realtà spagnola è una governance chiara».