Durante il Social Football Summit 2021, evento dedicato alla sport industry in corso di svolgimento a Roma, si è discusso anche di uno dei temi più importanti dell’anno che si sta per concludere: il progetto per una Superlega europea e le sue conseguenza.
In particolare, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea sulla questione pregiudiziale posta dal giudice del Tribunale di Madrid, è interessante analizzare gli aspetti giuridici della vicenda, come è stato fatto nel panel “Calcio & Antitrust: la vicenda SuperLega e gli scenari delle competizioni calcistiche nell’Unione europea”.
Durante l’incontro ha esordito Sacha D’Ecclesiis, avvocato esperto in diritto dell’Unione europea e della concorrenza: «Risulta che già da gennaio 2021 ci fossero contatti con la UEFA per la Superlega. Ad aprile nasce il progetto con un calendario piuttosto intenso», ha detto ricostruendo le tappe del progetto.
«Sono note le reazioni e il progetto viene ritirato. Gli esponenti della Superlega ricorrono a un giudice spagnolo e arrivano misure cautelari che intimano a UEFA e FIFA di non porre ostacoli al’organizzazione della nuova competizione. In più viene posta una questione pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, che non si concluderà verosimilmente prima del 2023», ha aggiunto.
Per inquadrare la vicenda, D’Ecclesiis ha spiegato «cosa guarderà il giudice: l’art. 101 e l’art. 102 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, ndr). Le questioni giuridiche si possono ricondurre a due temi: il doppio ruolo delle federazioni sportive (che organizzano i tornei e ne commercializzano i diritti) e se queste possano adottare sanzioni verso club e calciatori; se sia compatibile lo statuto della UEFA quando stabilisce che i diritti sono di proprietà della UEFA stessa».
Tuttavia, ha sottolineato ancora l’avvocato, «il tema della proprietà originaria dei diritti è un falso tema, perché la vendita della UEFA avviene per conto dei club. Il vero tema del giudizio della Corte è se queste federazioni stiano perseguendo obiettivi di interesse generale (merito sportivo e solidarietà, tra cui il Fair Play Finanziario, e regole uniformi per un calendario unitario) e se ci sia un nesso di causalità tra ciò che vietano e quello che devono perseguire».
Durante il panel ha parlato anche Roberto Chieppa, Segretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri dal 2018: «In questa vicenda si intrecciano l’aspetto sportivo e quello economico. L’obiettivo iniziale dei club fondatori non era che tutti approvassero subito il progetto, ma si voleva portare la questione in Tribunale. Si cercava una tutela da un giudice. La Corte di Giustizia dell’Unione europea ci dirà entro quali limiti si potranno erogare sanzioni».
Ci sono infatti, spiega Chieppa, «restrizioni (da parte della UEFA nei confronti dei club, ndr) che sfuggono al divieto se perseguono determinati obiettivi: una struttura piramidale dell’ordinamento sportivo, una valorizzazione del merito sportivo e delle competizioni aperte. Difficile poi che la Corte si esprima favorevolmente da un lato o dall’altro, quello che si può porre piuttosto è il tema della sovrapposizione del calendario».
«Se si vuole che il calcio sia solo spettacolo – ha aggiunto – si può scegliere di stare dalla parte della Superlega, ma se si vuole mantenere il valore sociale dello sport bisogna guardare dall’altra parte. L’attuale meccanismo con 15 fondatori e pochi slot per le altre squadre secondo me non funziona».
«Arrivare in Tribunale non è mai l’ideale, ma quel modello è profondamente sbagliato. E’ stato un tentativo di strappo mal compreso. Le regole federali ad oggi non consentirebbero ai club italiani di partecipare alla Superlega e alla Serie A contemporaneamente», è stato invece il commento dell’amministratore delegato della Serie A Luigi De Siervo.
Ma c’è anche chi, come Fabio Cintioli (Professore ordinario di diritto amministrativo) crede «che la Superlega non sia un miraggio, la questione potrebbe riaprirsi con una sentenza. Poi una Superlega già c’è, l’Eurolega, che ha soppiantato le organizzazioni tradizionali, con un torneo che riesce a reggere la sfida della NBA. La Superlega è saltata perché Boris Johnson ha usato la sua forza politica, e perché la Premier League è già diventata – e sarà sempre di più – la NBA del calcio. Da spettatore credo siano stati commessi degli errori, però il tema resta aperto. La questione giuridica è: si deve garantire concorrenza sull’organizzazione di eventi sportivi? E’ un tema complesso, ma non è un tema chiuso».
In chiusura, De Siervo è tornato sul paragone con il basket: «E’ complicato mettere insieme sistemi sportivi diversi. Credo che quello del basket sia l’esempio da non seguire. Un torneo che ha generato un prodotto buono (Eurolega, ndr) ha distrutto allo stesso tempo i campionati nazionali. Il fatturato della Superlega verrebbe sottratto sostanzialmente a quello delle leghe più importanti. Si ridurrebbe il numero delle squadre nei campionati e avremmo club con fatturati tre o quattro volte superiori agli altri. Credo che al netto dei Tribunali, dal punto di vista sportivo una sentenza non contraria alla Superlega genererebbe un terremoto con conseguenze che nessuno ora può prevedere. Questo shock di rincorsa con più soldi per pochi soggetti va combattuto, per evitare di distruggere il calcio come lo conosciamo».