Prosegue il lavoro di Inter e Milan per la realizzazione del nuovo stadio. Alla fine del 2021 è stato scelto il progetto vincitore, che porterà alla nascita de “La Cattedrale”, impianto ideato dallo studio di archittettura Populous. La redazione di MilanNews.it ha intervistato l’ingegnere Silvia Prandelli, Principal di Populous Italia, che si occupa in prima persona del nuovo impianto che ospiterà le gare interne delle due squadre in futuro.
Tanti i temi toccati da Prandelli, a cominciare dalle idee studiate per il nuovo stadio: «Al momento partendo dai macrotemi, da una galleria che è uno spazio che noi definiamo democratico, in cui c’è un accesso per tutte le categorie di utenti in giorni partita e in giorni non partita. […] A livello micro ci siamo focalizzati sul tipo di offerta, stiamo ancora discutendo sulle squadre su quali possano essere i temi da sviluppare. Potrebbe esserci una specie di nursery per i bambini come potrebbe esserci una serie di spazi per avere delle persone che frequentino questa galleria durante la settimana per fare dei corsi di formazione».
Inoltre, «attorno a questa infrastruttura sportiva si potrebbe pensare di andare a creare un parco dello sport, un distretto sportivo o una serie di offerte come campi da padel, basket o tutto quello che si possa pensare per l’utilizzatore finale. Abbiamo iniziato a studiare una sorta di integrazione tra quartiere e questo distretto dello sport».
Prandelli affronta anche il tema della sicurezza dell’attuale San Siro: «Personalmente ho vissuto San Siro durante gli anni dell’università, sappiamo che l’area non è giudicata sicura al momento. Quando non c’è partita è un’area difficile da attraversare anche durante il giorno. Abbiamo cercato anche di studiare le assi di apertura verso le diverse parti del quartiere. È anche vero c’è il tunnel che attraversa il nostro sito e quindi bisogna andare a studiare anche l’infrastruttura stradale non solo quella del masterplan. Ci sono tanti discorsi che funzionano in parallelo ma c’è anche la necessità di inquadrare il progetto, quindi, si è parlato molto delle volumetrie con il comune e di quello che non voleva essere speculazione edilizia».
Se ancora non c’è una stima precisa dei posti finali (intorno ai 60 mila), le idee sono più chiare in termini di visibilità: «Da un punto di vista del catino rispecchia l’inclinazione dell’attuale San Siro, per noi il cono visivo sarà molto simile. La vicinanza con il campo per noi era essenziale, quando abbiamo chiamato i nostri esperti dei catini si sono resi conto che è tutto molto più intimo in Italia rispetto ad altri stadi inglesi. Abbiamo voluto mantenere lo stesso tipo di struttura a livello di angoli e di visibilità».
Poi, sull’integrazione tra il vecchio e il nuovo stadio: «Al momento l’integrazione fra il vecchio e il nuovo stadio è un tema in discussione. Con il cambio delle volumetrie a livello comunale dobbiamo anche capire cosa potrà essere mantenuto e cosa potrà essere cambiato. Due stadi in contemporanea sul quartiere sono di difficile gestione per ovvi motivi. Al momento è tutto in divenire».
Prandelli risponde anche sul tema delle critiche: «In realtà per noi sono stati determinanti alcuni esempi a Milano sul modello della City Life, che all’inizio sono state viste con una sorta di sguardo critico. Sappiamo tutti che effettivamente sono stati tutti degli interventi che hanno reso le aree sicure e siamo convinti che sia possibile migliorare il quartiere». L’ingegnere, inoltre, spiega che «abbiamo visto anche che alcuni nostri schizzi iniziale, che avevano una maggiore apertura verso le curve sono stati visti come un oltraggio alla tifoseria. La nostra idea era di migliorare l’ingresso dei flussi a livello del campo. Stiamo cercando di includere alcuni dei commenti che pensiamo siano costruttivi capendo come gestire il design della struttura interna allo stadio per renderla migliore».
In chiusura, una battuta sulla fedeltà dei rendering al prodotto finale: «Ci sentiamo abbastanza convinti dell’immagine, noi abbiamo lavorato con un paesaggista di Milano per cercare di rendere tutto fattibile per capire le specie di fauna e flora che possono occupare il nostro masterplan. Quel render rispecchia una possibilità che sia sul quartiere a fronte di investimenti delle squadre o del Comune».