Scaroni ministro Meloni
Il presidente del Milan Paolo Scaroni (Foto: imagoeconomica)

La crisi con la Russia ci ha messo in un «guaio ciclopico» in merito alle forniture di energia. Una situazione che oggi è così difficile in seguito alla «mobilitazione dissennata» che in Italia da decenni ostacola lo sviluppo di nuove infrastrutture, persino nelle rinnovabili, e dall’«isterismo verde» che in tutto il mondo ha frenato gli investimenti nell’Oil & Gas. Un giudizio severo di Paolo Scaroni, deputy chairman di Rothschild e presidente del Milan, in passato soprattutto amministratore delegato di Enel e poi Eni fino al 2014, anno in cui Mosca invase la Crimea.

Oggi, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina, il rischio per le forniture di materie prime e combustibili è altissimo: il gas, nella giornata di ieri, è salito del 30%, più di 125 euro per Megawattora. Mentre, il petrolio è in rialzo del 10%, circa 97 euro a barile. Secondo Scaroni, queste operazioni sono «un palliativo», come ha spiegato al Sole 24 Ore- intervistato ieri dal Sole 24 Ore.

«Sono stati soprattutto gli Stati Uniti a spingere in questa direzione – spiega Scaroni -. Negli Usa quando la benzina alla pompa supera i 4 dollari al gallone si perdono le elezioni, è risaputo. E nelle prossime settimane negli Usa si vota. Piuttosto bisognerebbe accelerare la produzione di petrolio, oltre Oceano e non solo. Ma le compagnie, messe sotto assedio da tutti gli stakeholders, hanno ridotto gli investimenti e così la capacità di riserva si è ridotta ad appena 2,3 milioni di barili al giorno. I prezzi salivano già tre mesi fa e in questo contesto è arrivata la crisi russa. Se ora i 10 mbg che Mosca estrae dovessero venire a mancare… Ma non credo che questo accadrà: in fin dei conti se l’Occidente non compra il greggio russo, se lo prenderà la Cina. Se parliamo di petrolio temo prezzi elevati, non problemi di approvvigionamento: ci sono tanti produttori nel mondo e rifornirsi è facile. Per il gas invece mi preoccupano entrambi gli aspetti, sia il prezzo che la reperibilità». 

Il nostro Paese non è molto dipendente dal gas, ma è comunque uno dei maggiori acquirenti europei di gas russo: «Questo è anche il risultato di 30 anni di comportamenti degli italiani: non dei governi che si sono succeduti, ma proprio dei cittadini, che con il loro voto e loro prese di posizione hanno detto no al nucleare, no ai rigassificatori, no allo sfruttamento delle nostre risorse nel mare Adriatico. Un’opposizione continua, che si è rivolta anche contro il solare e l’eolico, di cui ora raccogliamo i frutti. Purtroppo siamo in un guaio ciclopico, che abbiamo contribuito a costruire con trent’ anni di mobilitazione dissennata dei cittadini».

Sulla diversificazione dei fornitori: «Per fortuna abbiamo il Tap, che è stato finalmente messo in funzione dopo essere stato osteggiato per tre anni con manifestazioni frenetiche. Ho visto con piacere che il nostro ministro degli Esteri Di Maio si è recato in Algeria, perché è un Paese che potrebbe rifornirci di più. Anche la Libia in teoria potrebbe, anche se la situazione lì è difficile. Ma il nostro legame con la Russia, che risale ai tempi di Enrico Mattei, è forte. Speriamo che riesca a sopravvivere a questo momento drammatico che stiamo vivendo oggi. Ho fatto un sacco di accordi con Gazprom quand’ero all’Eni, magari c’erano difficoltà nelle trattative, ma i contratti una volta firmati sono sempre stati rispettati».

Sulle possibili ricadute delle sanzioni: «Le nostre sanzioni contro la Russia in realtà mi preoccupano meno di quelle che Mosca potrebbe decidere di imporre contro di noi, come ritorsione: se per ipotesi dovessimo restare senza gas russo per dodici mesi di fila le difficoltà diventerebbero drammatiche. È vero, tra poco arriva la primavera e i consumi di gas si abbassano, ma è il periodo in cui dovremmo pensare a riempire gli stoccaggi. Comunque ho fiducia che non si arrivi a questo punto».

Cosa comporta l’esclusione di banche russe dallo Swift: «Per il gas mi sembra di capire che il Governo italiano, come anche quello tedesco, stiano cercando di mantenere aperti i canali di pagamento. Verrà predisposto un meccanismo, anche perché non è un problema solo nostro, e la cosa è ben chiara agli Usa così come a Bruxelles. Una potenziale ritorsione mi spaventa non poco. Certo, anche Mosca soffrirebbe nel breve, pur avendo accumulato tanti di quei soldi con i rialzi di prezzo: le entrate per metro cubo di gas si sono moltiplicate per nove in un anno. Il fatto è che, se guardiamo un po’ più in là, vediamo che Gazprom ha già un gasdotto che va in Cina, il Power of Siberia 1, e che ha iniziato a costruire anche il Power of Siberia 2, guarda caso con una portata di 50 miliardi di metri cubi, identica a quella del Nord Stream 2 verso la Germania, che ora è bloccato. Forse a questi temi dovremmo guardare con più attenzione».

Sui rimedi per salvare la nostra sicurezza energetica: «Purtroppo quasi nulla, salvo forse impostare il termostato di casa su 18 gradi invece che 22: rimedio che peraltro darebbe risultati giganteschi. La situazione è oggettivamente molto complicata e per alcuni Paesi – come l’Italia, la Germania o l’Austria – lo è in modo particolare. La Spagna per dire ha ben 7 rigassificatori, la Francia ha il nucleare, Olanda e Gran Bretagna hanno ancora una discreta produzione di gas. Spero almeno che i prezzi che vediamo oggi possano suscitare qualche ripensamento su politiche lanciate in modo troppo improvvisato. Non ho dubbi sull’obiettivo della neutralità carbonica entro il 2050, ma dobbiamo lavorare in modo più ordinato, che ci porti progressivamente al traguardo, non con misure frutto di un isterismo verde. Questa crisi forse ci porterà a rivedere alcune posizioni, non ad abbandonare l’obiettivo net zero, ma magari a trovare il modo di arrivarci senza mettere in ginocchio i consumatori».

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