I grandi gruppi abbandonano la Russia. Nella giornata di ieri è toccato a Ikea, che – scrive La Repubblica in un approfondimento odierno – ha sospeso produzione, vendita, import ed export, e a Generali, che ha deciso di chiudere la sede di rappresentanza a Mosca, le attività di Europ Assistance nel paese e di ritirare i suoi rappresentanti dal board di Ingosstrakh.
Non solo. Anche dal mondo delle auto, all’hi-tech, a quello dell’intrattenimento, della moda e delle spedizioni, e a quello petrolifero, le multinazionali stanno voltando le spalle al presidente russo Vladimir Putin. L’elenco si sta allungando sempre di più: Volkswagen, Toyota, Honda e Mazda tra quelle che hanno lasciato, mentre Apple e Nike hanno bloccato le attività commerciali, anche online.
In campo energetico la prima a muoversi era stata Bp, che vuole cedere la sua quota di quasi il 20% in Rosneft (della quale è presidente l’ex Cancelliere tedesco Schröder). Shell vuole uscire dalla joint venture con Gazprom, mentre Exxon sta pianificando una uscita graduale dal paese. La norvegese Equinor ha cessato le partnership con Rosneft, e ha detto addio a Putin anche la danese Orsted.
Da giorni anche Eni ha annunciato per quanto riguarda la partecipazione congiunta e paritaria con Gazprom nel gasdotto Blue Stream (che collega la Russia alla Turchia), che «intende procedere alla cessione della propria quota». Diversa invece – specifica La Repubblica – la posizione di Unicredit, che monitora la situazione ma per il momento non ha preso decisioni.
Discorso simile per Intesa Sanpaolo, che tra Russia e Ucraina ha un’esposizione che pesa per lo 0,1% degli asset totali. La banca ha avviato «valutazioni strategiche» sulla permanenza in Russia, ma di medio periodo. Nessuna decisione immediata, insomma, anche se in prospettiva si inizia a immaginare uno scenario in cui la banca guidata da Carlo Messina sarà fuori.
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