Exor va controcorrente rispetto a come si sta muovendo il mercato: la holding della famiglia Agnelli-Elkann (azionista di maggioranza, tra le altre, di Juventus, Stellantis e Ferrari), secondo quanto riportato da MF – Milano Finanza, ha infatti aumentato la sua partecipazione al 5,1% di Veon, operatore di telecomunicazioni fondato a Mosca, con sede in Olanda, quotato ad Amsterdam e a Wall Street.
Veon, che ha perso circa l’80% del suo valore da inizio anno e che vale poco più di un miliardo di dollari, ha chiuso il 2021 con un giro d’affari di poco meno di 8 miliardi, con metà del fatturato che fa riferimento alle attività in Russia e con una presenza importante anche in Ucraina, dove è una delle poche compagnie ad essere ancora operative.
Attività tuttavia minacciate dall’invasione russa, considerando anche che l’agenzia di rating Fitch ha declassare il merito di credito di Veon a B+, livello «spazzatura». Una situazione ulteriormente resa critica anche dai legami con due degli oligarchi russi finiti nella lista delle sanzioni in Ue e nel Regno Unito, ovverosia Mikhail Fridman e Petr Aven, che sono co-fondatori e significativi sottoscrittori di LetterOne, cioè il fondo che detiene il 48% di Veon e in cui fino al 7 marzo sedevano nel suo cda. Fridman, inoltre, era anche nel cda di Veon, da dove si è dimesso lo scorso 1 marzo.
Dimissioni che dovrebbero evitare a Veon ulteriori sanzioni, anche perché l’azionista di maggioranza LetterOne è convinto di ottenere per sé un’esenzione dal governo di Londra. Tuttavia, come riportato dal Financial Times, diverse banche tra le quali soprattutto Citi, Ing e JPMorgan stanno analizzando i prestiti concessi a Veon per valutare se comportino o meno il rischio di incorrere in sanzioni: se non ci saranno problemi, Veon potrebbe anche avere la forza finanziaria di tagliare il ramo russo, spingendo maggiormente le sue attività in Paesi asiatici come Pakistan e Bangladesh e puntando così a risollevare i numeri in Borsa.
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