L’inchiesta della Procura di Torino sulla cosiddetta “manovra stipendi” della Juventus prosegue tra audizioni e caccia alle carte mancanti, con la nuova accusa di falso in bilancio che pesa come un macigno. La situazione – scrive La Gazzetta dello Sport nella sua edizione odierna – è ancora tutta da definire, ma di certo i pm vogliono vederci chiaro.
La seconda parte dell’inchiesta “Prisma” si concentra – come ormai noto – sul taglio e la restituzione degli stipendi dei calciatori della Juventus per le stagioni 2019/20 e 2020/21. Le retribuzioni nel mirino sono le quattro mensilità (da marzo a giugno del 2020) che avrebbero portato al club bianconero un risparmio di 90 milioni di euro.
La Procura torinese sostiene che 67 milioni siano stati pagati successivamente – Calcio e Finanza lo aveva già raccontato all’epoca dell’accordo –, ma nel bilancio al 30 giugno 2020 risultano solo i 90 milioni di euro di riduzione dei costi. Per la stagione 2020/21 la manovra sembra ancora più complicata: si suppone infatti che il club abbia trattato con i singoli giocatori tagli e modalità di restituzione, differenti anche in base alla situazione contrattuale di ognuno.
Tutto – secondo l’accusa – sarebbe stato stabilito attraverso scritture private, alcune delle quali, una volta esaurita la funzione di garanzia, sarebbero state fatte sparire. Sono queste carte che ora si stanno cercando nelle perquisizioni in varie sedi e sui cui contenuti si stanno ascoltando i giocatori (indicati solamente come persone informate sui fatti, non come indagati).
Ma cosa rischia la Juventus nel caso in cui fossero accertate delle violazioni? La situazione è ancora incerta per valutare eventuali violazioni del Codice di giustizia sportiva. Per quanto riguarda la scritture private, l’articolo 31 comma 3 del Codice stesso prevede che «la società che pattuisce con i propri tesserati o corrisponde loro compensi, premi o indennità in violazione delle disposizioni federali vigenti, è punita con l’ammenda da uno a tre volte l’ammontare illecitamente pattuito o corrisposto, cui può aggiungersi la penalizzazione di uno o più punti in classifica» e al comma 8 si legge che i giocatori che ricevono i compensi di cui sopra «sono soggetti alla sanzione della squalifica di durata non inferiore a un mese».
Per quanto riguarda il bilancio, chiude la Gazzetta, difficile dire ora se una variazione come quella già citata di giugno 2020 possa essere considerata un’elusione delle norme sull’iscrizione al campionato. La FIGC per l’emergenza Covid aveva concesso lo slittamento di alcune mensilità, ma sempre entro i termini per poter poi verificare i requisiti per accedere al campionato.