calciatori musulmani
Mohamed Salah del Liverpool (Photo by Shaun Botterill/Getty Images)

Come ogni anno, a distanza di circa 11 mesi dal precedente (seguendo il calendario islamico), il mondo musulmano (tra i quali anche i calciatori musulmani) torna a celebrare il Ramadan, il mese sacro del digiuno, che durerà per circa 29 giorni terminando al calar del sole dell’1 maggio. In questo arco temporale, i musulmani rispettano uno dei Cinque Pilastri dell’Islam, ossia il digiuno (Sawm) per commemorare la prima rivelazione del Corano a Maometto.

Il periodo in cui cade il mese di Ramadan varia ogni anno: se l’anno prima è iniziato ad aprile, quest’anno è iniziato a fine marzo, l’anno prossimo inizierà a febbraio e così via. Vi sono quindi anni in cui il Ramadan capita in estate, con anche 14 ore di digiuno totale, e periodi in cui cade in pieno inverno. Di conseguenza, periodicamente, le competizioni sportive e gli atleti musulmani che vi partecipano ne sono coinvolti.

Calciatori musulmani, cosa prevede la legge islamica

Le regole da rispettare, per i fedeli, sono al tempo stesso semplici e impegnative: chi può deve astenersi dal mangiare e dal bere dall’alba al tramonto (dove si festeggia con il pasto dell’Iftar). Sono esentati anziani, bambini, malati, donne in cinta o con il ciclo mestruale, viaggiatori e persone che devono svolgere lavori pesanti: chi può, sospenderà e rispetterà il digiuno più avanti.

E per quanto riguarda i calciatori musulmani? Le regole sono chiare: dal punto di vista della legge islamica, essi non sarebbero esentati in quanto atleti dal digiuno. Vi è comunque un acceso dibattito a riguardo, con posizioni a favore e contro, per via della natura del lavoro dei calciatori, il quale richiede un elevato sforzo fisico per poter essere svolto al meglio. Scegliere se digiunare o meno, per gli atleti, risulta quindi una scelta molto difficile da ponderare molto attentamente, soprattutto se particolarmente legati alla propria religione così come al proprio sport. Si tratta, in ogni caso, di una scelta individuale.

Calciatori musulmani, chi lo rispetta e chi no in Serie A

Qual è quindi la situazione in Serie A? Sono diverse le squadre con calciatori musulmani: basti pensare ad esempio al Milan con Frank Kessiè e Ismael Bennacer spesso ritratti insieme durante i pellegrinaggi alla Ka’ba de La Mecca, oltre a Bakayoko. Insieme a loro negli anni scorsi spesso c’era Hakan Calhanoglu, passato però la scorsa estate all’Inter.

Tra gli altri il Bologna ha tre calciatori musulmani in rosa (Barrow, Juwara e MBaye), ma sono presenti anche nella rosa della Fiorentina (Amrabat), Salernitana (Ribery), Atalanta (Demiral), Napoli (Ghoulam) e Sampdoria (Colley).

Per altri giocatori di cultura musulmana, tra cui Koulibaly (Napoli), Dzeko (Inter) o l’uzbeko Shomurodov (Roma) e tanti altri, non è chiaro se rispetteranno o meno. Si rimanda quindi al discorso precedente sulla libera scelta dei singoli, anche alla luce del livello di osservanza nei confronti della loro religione.

I calciatori musulmani in Serie A (non tutti, come detto, rispetteranno però integralmente il Ramadan) sono quindi, tra gli altri:

  • Frank Kessiè (Milan)
  • Ismael Bennacer (Milan)
  • Tiémoué Bakayoko (Milan)
  • Hakan Calhanoglu (Inter)
  • Edin Dzeko (Inter)
  • Musa Barrow (Bologna)
  • Musa Juwara (Bologna)
  • Ibrahima Mbaye (Bologna)
  • Sofyan Amrabat (Fiorentina)
  • Franck Ribery (Salernitana)
  • Merih Demiral (Atalanta)
  • Faouzi Ghoulam (Napoli)
  • Elijf Elmas (Napoli)
  • Kalidou Koulibaly (Napoli)
  • Omar Colley (Sampdoria)
  • Amadou Diawara (Roma)

Calciatori musulmani, gli altri casi celebri

Di recente, il caso più celebre a riguardo fu la finale di Champions League tra Liverpool e Tottenham, che cadeva in pieno Ramadan nel mese di giugno. Salah e Mané per i Reds e Sissoko per gli Spurs decisero tuttavia di non rispettare il digiuno per l’occasione, arrivando preparati il meglio possibile per la gara. Scelta particolare, dato che proprio Salah, devoto musulmano, aveva optato per rispettare il precetto l’anno precedente, sempre in occasione della finale contro il Real Madrid (in cui era comunque uscito per infortunio).

Altro caso celebre, dal punto di vista della scelta individuale, fu quello di Mesut Ozil, che decise di interrompere il digiuno durante i Mondiali del 2014 in Brasile. In ogni caso, a volte può anche essere l’autorità dei Paesi di provenienza a dispensare gli atleti dal rispetto del digiuno. Sempre la Gazzetta ricorda il caso delle Olimpiadi 2012, quando le autorità degli Emirati Arabi Uniti permisero ai propri atleti di sospendere il digiuno durante la manifestazione, per poi recuperarlo più avanti.

Infine, il caso più celebre di rispetto del digiuno è certamente quello di Hakeem Olajuwon. Il cestista, di origine nigeriana e all’epoca in forza agli Houston Rockets, giocò tutte le partite del mese di Ramadan del 1995 rispettando integralmente i precetti religiosi, quindi senza nutrizione e idratazione nelle ore precedenti alla gara, chiudendo con oltre 30 punti di media.

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