Chissà se i “grandi vantaggi” di cui hanno goduto i celebri marchi del lusso italiano acquistati da LVMH un giorno toccheranno anche alla sua Tod’s, di cui Bernard Arnault è secondo azionista (in ascesa) con il 10% del capitale. In attesa di vedere se il gruppo calzaturiero diventerà l’ennesima stella italiana nel firmamento francese del lusso, Diego Della Valle – noto nel mondo del calcio per essere stato patron della Fiorentina prima dell’arrivo di Rocco Commisso – definisce ormai «fuori tempo massimo» l’idea di dare vita a un polo tutto italiano e apre a un futuro a tinte francesi.
«Non vedo all’orizzonte nulla che possa farci pensare il contrario, gli italiani non l’hanno fatto a suo tempo e oggi gli manca proprio il materiale per aggregare delle aziende», ha detto il proprietario di Tod’s parlando agli studenti dello Iulm. La frammentazione è da imputare, secondo Della Valle, a una “proprietà” che ha gestito le aziende in prima persona, in una simbiosi che ha reso difficile rinunciare al controllo.
«C’è da parte di alcuni la consapevolezza di dire sono il proprietario del mio gruppo, me lo gestisco, va bene, punto e basta». A ciò si aggiunge lo scarso contributo delle banche d’affari nostrane, impegnate più a «lavorare per i soliti noti» che a stimolare il consolidamento, come fatto in Francia da «grandi istituti come Lazard».
Perso il treno della crescita, il Made in Italy è così diventato terra di conquista, anche se il risultato finale, secondo Della Valle, non è stato negativo per le “prede”. «Da consigliere di LVMH ho assistito a molte acquisizioni» come «Fendi, Bulgari, Loro Piana», e tutte queste aziende hanno ricevuto «grandi vantaggi» da un gruppo che ha «rispettato» e «accresciuto» il valore dei marchi, «mantenuto» le filiere produttive «in Italia, coinvolto le famiglie» proprietarie e messo a disposizione «forza finanziaria», ha detto Della Valle, che in passato ha indicato proprio in LVMH l’approdo naturale di Tod’s, qualora la famiglia, che detiene il 65% del capitale, decidesse di vendere.
Al momento l’obiettivo è «evidenziare il valore di ogni singolo marchio» così da «far tornare il titolo dove è giusto che stia» e generare «performance di fatturato e utili molto interessanti». D’altra parte con Tod’s che capitalizza 1,2 miliardi contro i 5 di qualche anno fa non è certo il momento migliore per vendere. Intanto dopo lo scoppio della guerra in Ucraina anche Tod’s ha «fermato tutto» in Russia e «sarà così sarà fino all’armistizio».