E’ allo studio un emendamento al Decreto crescita che potrebbe modificare la norma e il suo impatto sulla Serie A per come la conosciamo attualmente. L’iniziativa portata avanti dal senatore PD Tommaso Nannicini – scrive La Gazzetta dello Sport – vuole rivedere la norma che defiscalizza del 50% gli ingaggi degli atleti stranieri (o comunque dei non residenti in Italia da due anni), ponendo uno sbarramento al di sotto dei 2 milioni lordi di stipendio annuo.
Sopra quella cifra le società manterrebbero ancora il loro importante vantaggio fiscale, mentre sotto la stessa cifra no. È evidente che se le grandi, a cui gli ingaggi multimilionari non mancano, potrebbero continuare a sorridere, per le medio-piccole sarebbe un colpo sicuramente più duro.
L’emendamento trova l’appoggio di FIGC e Assocalciatori e viene motivato così: «Per come ha trovato finora applicazione, il Decreto crescita genera effetti distorsivi depauperando la crescita dei talenti italiani. In questi giorni si parla molto di “azzurri, vivai e nuovi talenti” che non crescono per la nostra Nazionale: eliminare questa norma sarebbe già una prima positiva risposta alla crescita e allo sviluppo dei calciatori italiani nell’interesse generale di tutto il sistema calcistico nazionale».
In questo caso, però, il provvedimento in questione avrebbe solo l’effetto di tirare una riga che finirebbe con ogni probabilità con l’aumentare il gap tra grandi e piccole. Il documento, che dovrebbe essere valutato in Commissione nei prossimi giorni, è stato inviato anche alla Lega Serie A, che lo ha fatto avere ai club. Delle venti società quattordici già si sono dette contrarie.
«La rimozione del trattamento fiscale sul Decreto crescita sarebbe una risposta puramente demagogica a un problema di carattere strutturale, visto che con l’introduzione del provvedimento il minutaggio degli stranieri in Serie A è salito appena del 3%, dal 63 a 66%, in linea con il trend di crescita degli stranieri in tutti i campionati. Quindi non ha penalizzato i giovani italiani», il commento dell’AD del Bologna, Claudio Fenucci.
«Appare evidente un ingiustificato vantaggio fiscale per le società maggiori, le sole capaci di riconoscere retribuzioni già elevate ai propri calciatori. La norma così impostata impedirà ai club medio-piccoli di avere un pari trattamento e pari possibilità di successo sportivo destando molti profili di illegittimità costituzionale e gravi squilibri nella già critica situazione di equilibrio competitivo nella Serie A. Si finirebbe per mortificare aspetti sportivi e competitivi, con pericolose ricadute sul valore del campionato stesso», ha sottolineato invece il vicepresidente dell’Udinese Stefano Campoccia.