Il prossimo passo sarà il Mondiale in Qatar nel 2022, ma da quando l’edizione è stata assegnata nel 2010 il mondo arabo ha investito somme ingenti nel calcio europeo. Una scelta di soft power che ha interessato anche altre discipline sportive con l’obiettivo di diversificare gli investimenti, rilanciare e modernizzare l’immagine dell’area e sostenere in questo modo i piani di sviluppo Vision 2030.
Secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore, fino ad ora tra l’acquisto di club (ormai in giro per il mondo se ne contano più di venti in mano agli Stati mediorientali), sponsorizzazioni di “parti correlate”, aumenti di capitale e investimenti sugli impianti, l’ingresso nel calcio europeo è costato oltre 6 miliardi di euro.
La maggior parte dei soldi sono stati investiti per i club simbolo di questo processo: il Paris Saint-Germain (Qatar) e il Manchestyer City (Emirati Arabi) che hanno richiesto circa 2,5 miliardi a testa. Il prossimo potrebbe essere il Newcastle, rilevato da un consorzio guidato dal Public Investment Fund dell’Arabia Saudita e da non dimenticare il potenziale ingresso del fondo Investcorp nel Milan, con una trattativa portata avanti sulla base di una valutazione di 1,1 miliardi di euro.
Era il 2011 quando Qatar Sport Investments, emanazione della Qatar Investment Authority dell’emiro Tamim bin Hamad Al Thani, comprava il PSG, spendendo in questi decennio circa tre miliardi. Le sponsorizzazioni di aziende ed enti pubblici qatarioti, tra cui Qatar Airways e l’Autorità del turismo hanno aiutato a spingere ricavi annui del club-Stato oltre la soglia del mezzo miliardo.
Nel frattempo, anche il presidente del club Nasser Al-Khelaifi si è fatto largo parallelamente nel mondo del pallone. Con la sua beIN Media Group finanzia la UEFA acquistando i diritti televisivi delle competizioni e dopo la battaglia per la Superlega è diventato capo dell’ECA e il più fidato alleato del presidente della UEFA Alexander Ceferin.
Prima ancora era toccato al Manchester City, rilevato nel 2008 dallo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan attraverso l’Abu Dhabi United Group. Nei primi anni il sostegno finanziario è stato assicurato attraverso iniezioni di liquidità per oltre un miliardo e sponsorizzazioni di realtà “vicine”, a partire dal mega contratto da 400 milioni con la compagnia aerea Etihad.
La vera rivoluzione propiziata da questa operazione è stata la nascita del City Football Group, holding che ha raggiunto, dopo gli ingressi nella compagine azionaria con quote di minoranza dei cinesi di China Media Capital e Citic Capital e del fondo Usa Silver Lake, una valutazione di 5 miliardi di dollari. Il network raggruppa oggi una decina di club in tutto il mondo.
Sulla scia di queste operazioni potrebbe inserirsi l’affare Milan–Investcorp, che potrebbe dar luogo a un intreccio azionario singolare tra i potentati del Golfo. Tra gli azionisti del fondo c’è infatti Mubadala, un fondo sovrano che fa capo all’emirato di Abu Dhabi. Il vice-presidente di quest’ ultimo è lo sceicco Mansour, mentre il ceo è Khaldoon Khalifa Al Mubarak, che contestualmente è presidente del Manchester City.