«La prima domanda che ci siamo posti era se fosse fattibile la ristrutturazione di San Siro. Sono stati fatti studi che hanno dimostrato che farlo è molto difficile per una serie di fattori oggettivi. Innanzitutto, il dover trovare una location nel raggio di 100 chilometri che potesse ospitare due club. San Siro, inoltre, soffre dei suoi 90 anni, ci sono elementi architettonici difficili da sistemare e anche la natura della ristrutturazione sarebbe pesante con costi elevati. L’ospitalità al terzo anello non era possibile per problemi seri di evacuazione». Lo ha spiegato l’amministratore delegato dell’Inter, Alessandro Antonello, intervenuto durante l’evento “Il Foglio a San Siro”.
Sulle tempistiche ed i prossimi passi: «Da un punto di vista tecnico, ad oggi siamo in attesa che il Comune approvi il responsabile del dibattito pubblico, il processo dovrebbe concludersi nei primi giorni di maggio. Nel frattempo noi stiamo lavorando per integrare lo studio di fattibilità da quasi 1000 pagine che già fu consegnato nel 2019, in quanto il Comune ha chiesto ancora una rettifica degli indici volumetrici. I club hanno deciso di allinearsi al Piano di Governo del Territorio, nonostante ci sia una legge sugli stadi che potrebbe consentire indici volumetrici più alti. I club sono proponenti di un progetto ed hanno sempre ascoltato le richieste della città, ora sarà il Comune a dover dire se il progetto va avanti attraverso il dibattito pubblico. I sindaci all’estero vogliono essere ricordati per quello che hanno fatto, non per quello che non hanno fatto».
«Un po’ di delusione c’è – sottolinea l’AD nerazzuro -. Milano è sempre stato sinonimo di efficienza e innovazione, in questo momento vediamo che c’è difficoltà anche politica, ma siamo due club che vogliono continuare a dare lustro alla città di Milano. Stiamo valutando da un lato come procede il dibattito pubblico, dall’altro stiamo valutando anche la fattibilità su altre opzioni. Ci auguriamo che prima dell’estate si concluda il dibattito pubblico e poi prenderemo una decisione».
«Siamo in un paese in cui la burocrazia non aiuta, mentre investitori hanno bisogno di tempi e certezze. Ormai sono tre anni in cui i club stanno lavorando insieme in questi progetto. Negli ultimi 10 anni in Europa sono stati costruiti 133 impianti in 29 paesi, investiti 19 miliardi di euro, non possiamo rimanere fermi come sistema Italia. Si stima che in Italia nei prossimi 10 anni verranno investiti 4 miliardi di euro in infrastrutture sportive, ci auguriamo che al di là degli intoppi burocratici si possa sbloccare questa situazione. Uno stadio moderno è necessario per mettere risorse a disposizione dei club per mantenere alta la competitività delle squadre».
Per quanto riguarda le possibilità di un nuovo stadio diverso da San Siro: «Non c’è più una esclusiva su San Siro, è importante realizzare lo stadio nel più breve tempo possibile. Chiaramente l’opzione primaria era avere un nuovo San Siro a San Siro, ora la cosa più importante è avere il nuovo stadio nel minor tempo possibile. Abbiamo la necessità di avere un nuovo impianto che possa generare ricavi ma anche perché vogliamo dare qualcosa di più, non solo alle squadre, anche ai tifosi».
«Il piano B esiste nel momento stesso in cui il progetto viene pensato. Valutiamo opzioni alternative ma nell’interesse dei club che è tre anni che stanno lavorando su questo progetto e hanno bisogno di avere tempi certi. San Siro è San Siro perché Inter e Milan ci hanno giocato rendendolo prestigioso con i tanti successi sul campo. Quando avremo un nuovo stadio, diventerà altrettanto iconica perché i club ci giocheranno e vinceranno. I tempi sono ormai la chiave di volta. Se la scelta deve essere fatta, va fatta sui tempi di esecuzioni e non più sulla location».
Sull’influenza che potrebbe avere il possibile cambio di proprietà del Milan: «L’Inter si è sempre impegnata in questo progetto e continuerà a farlo. E’ un progetto strategico per il rilancio della competitività del club a livello europeo. Quando si parla di infrastrutture e progetti da eseguire in orizzonti temporali medio-lunghi, è inevitabile che possa anche subire un cambio di proprietà. Non solo nel calcio questo, per cui non è che impedisca di pianificare l’infrastruttura. E’ un progetto che si autofinanzia, non c’è nessuna interferenza che possa cambiare l’idea di avere un nuovo stadio per il futuro. Avanti insieme? Lato Inter assolutamente sì, mai avuto dubbi sull’avere lo stadio in comune. È un esempio in Europa sulla gestione, ci divide solo il campo».