(Photo credit PIERRE-PHILIPPE MARCOU/AFP via Getty Images)

Samuel Eto’o, ex attaccante di Inter e Barcellona ed attuale presidente della federazione calcio camerunense, è stato intervistato da La Repubblica in merito all’iniziativa da lui organizzata per il prossimo 23 maggio quando a San Siro sarà in campo con alcuni dei più grandi calciatori ed ex calciatori al mondo: Messi, Puyol, Sneijder, Pirlo, Seedorf, Dybala, Totti, Pippo Inzaghi, Shevchenko, Thuram. Il ricavato della serata andrà alla fondazione di Eto’o e a Slums Dunk

Una partita che avrà come protagonisti non solo campioni ma quelli che Eto’o ha definito gli “Eroi dell’Integrazione”. «Non voglio parlare di calcio – ha spiegato Eto’o -, ma di quello che il calcio può fare per favorire integrazione e inclusione. È un mezzo straordinario perché vola sugli ostacoli e parla tutte le lingue. Ho giocato in molti Paesi e da due, Spagna e Italia, sono stato accolto benissimo. Bisogna essere capaci di guardare oltre il pallone, perché tutti noi giocatori abbiamo la possibilità di godere del bello e di apprendere l’arte e la cultura di altri Paesi. Il messaggio è che possiamo vivere insieme, dentro e fuori il campo, rispettandoci, anche se ci sono società che si credono più importanti e che tendono subito ad affermare gerarchie».

«Ho vissuto e fatto esperienze e credo nella multiculturalità. Lo sport è bello perché ha un ruolo per tutti, e i veri SuperEroi sono quelli che danno esempi di inclusione e di integrazione. Non è che a me il verso della scimmia negli stadi non l’hanno fatto, e ho avuto problemi anche in strada. Però vi dico che l’Italia è il Paese meno razzista d’Europa e forse anche il meno ipocrita. La mia famiglia è rimasta a vivere a Milano, mia moglie ci si trova bene, quelle nello stadio sono minoranze, sporcano l’immagine del Paese, non minimizzo, vanno perseguite, anzi mi chiedo come mai non si sia riusciti a debellare certe brutte manifestazioni. In Inghilterra ce l’hanno fatta. E non parlo solo di punizioni. Bisogna iniziare dai bambini che sono vittime innocenti, e non mollare mai la presa, perché poi gli adolescenti tornano a casa e sentono i grandi fare certi discorsi».

Sull’ingresso dei tifosi nei club, come succede in Inghilterra, l’ex attaccante ha detto: «Sono molto favorevole. Giochiamo per i tifosi. È giusto che siano compartecipi di alcune decisioni. È un modo per dare loro responsabilità e per avviare un dialogo. Io credo che il razzismo vada dibattuto, non ignorato. Meglio dire c’è, è orribile, ma parliamone, senza fare finta di niente. Su che cosa si basa? Su uno sfruttamento anche economico. Prendiamone coscienza».

Per quanto riguarda la sua carica attuale, al vertice della Federcalcio del Camerun: «Sono stato eletto con un programma e l’ho mantenuto scegliendo come ct Rigobert Song, ex giocatore della nazionale, al posto del portoghese Toni Conceiçao. E ci siamo qualificati per i Mondiali. Voglio bene al mio Paese, ne sono appassionato perché come ho sempre detto: vivo in Europa, ma dormo in Africa. Mbappé? Ho detto che è nato a Bordeaux, che è un fenomeno, ma che appunto ha la nazionalità francese. E che quello a cui dobbiamo puntare in Camerun è avere più tesserati e forse troveremo 300 ragazzi su cui lavorare di cui 2-3 possono magari avere qualche dote di Mbappé. Volevo sottolineare che i talenti vanno cercati e cresciuti, oltre che ammirati».

Infine sul conflitto in Ucraina: «Le guerre sono brutte. In Africa ce ne sono tutti i giorni e si conoscono i nomi di chi le fa, ma sembra non importare a nessuno. Però chi scappa dai conflitti africani non è ben accolto o forse non è abbastanza vittima? Eppure l’Europa prende il nostro gas, i nostri diamanti, i nostri prodotti. Lo sport ha una voce forte, sa farsi ascoltare, andare oltre i pregiudizi. Deve sempre accogliere, non allontanare. A Wimbledon sarebbe stato bello far giocare in doppio ucraini e russi insieme per poter dimostrare che la convivenza su questa terra è possibile. Soprattutto se giochiamo insieme, senza costruire false superiorità. Dobbiamo provarci».

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