I ricercatori affermano di aver trovato tracce di cotone dello Xinjiang in magliette altri capi d’abbigliamento realizzati da Adidas, Puma e Hugo Boss, che sembrano contraddire le promesse delle aziende produttrici tedesche di rivedere le loro catene di approvvigionamento dopo le accuse di diffuso lavoro forzato nella regione cinese.
Hugo Boss «non tollera il lavoro forzato». Adidas è «orgogliosa delle misure intraprese per combattere schiavitù moderna e traffico di esseri umani», mentre per Puma «il rispetto di diritti umani, del lavoro e degli standard ambientali è una priorità assoluta». Queste le dichiarazioni delle aziende – scrive il quotidiano inglese The Guardian – che sono state tuttavia smontate dai ricercatori.
Il tutto nonostante dal 2018 le società in questione avessero dichiarato di combattere contro la schiavitù. Puma, ad esempio – scrive tio.ch – aveva fatto sapere di non aver alcun contatto diretto con la regione cinese, in cui è stato appurato che centinaia di migliaia di uiguri sono detenuti in campi di rieducazione, costretti a lavorare su prodotti poi rivenduti nel resto del mondo o alla raccolta del cotone in condizioni disumane.
I ricercatori – in particolare – hanno affermato che un’analisi isotopica ha trovato tracce di cotone dello Xinjiang nelle magliette: «Le impronte isotopiche nel cotone non sono ambigue e possono essere differenziate dal cotone proveniente da altri Paesi e persino da altre regioni cinesi», ha detto Markus Boner al programma investigativo dell’emittente pubblica tedesca NDR STRG_F.
Lo Xinjiang è una delle regioni principali per la raccolta del cotone. In cifre: rappresenta un quinto della fornitura globale di questa materia. Per questo, quando alcune grandi aziende hanno dichiarato di non avere alcun contatto commerciale con i produttori della regione, i ricercatori dell’Agroisolab di Jülich e della Hochschule Niederrhein University of Applied Sciences si sono chiesti se fosse vero.
Da parte loro, le tre aziende di abbigliamento hanno tuttavia ribadito quanto dichiarato anche nelle loro dichiarazioni di trasparenza ovvero di non tollerare il lavoro forzato, di combattere la schiavitù e di fare del diritto umano e del lavoro una priorità assoluta.