Ogni punto nell’era post Alex Ferguson è costato al Manchester United 6,65 milioni di euro (5,7 milioni di sterline) tra ammortamenti e stipendi. E’ quanto emerso da una nuova analisi delle finanze dei club della Premier League inglese e della Championship – la seconda divisione calcistica – con riferimento al periodo 2010-2020, riportata dal quotidiano The Telegraph.
L’economista sportivo Stefan Szymanski, coautore di Soccernomics, e Kieran Maguire, docente di finanza calcistica presso la Liverpool University, hanno analizzato le spese in termini di stipendi dei giocatori e ammortamenti legati ai costi dei cartellini per aiutare a stabilire quali club hanno utilizzato i loro soldi in modo più redditizio dal punto di vista sportivo nell’ultimo decennio.
Nei sette anni successivi alla partenza di Ferguson (2013), lo United ha investito 3,15 miliardi di euro tra trasferimenti e stipendi, più di qualsiasi altro club, ma non è riuscito a vincere un solo titolo di Premier League, con ogni punto accumulato che è costato ben 6,65 milioni di euro. Il secondo club con la spesa maggiore per punto guadagnato è stato il Manchester City, a 5,32 milioni di euro. A differenza dei Red Devils però i rivali cittadini nel periodo considerato hanno conquistato tre titoli.
Dal 2010 al 2013, lo United ha speso 273 milioni di euro in meno rispetto al City, eppure ha guadagnato 20 punti in più, vincendo il titolo nel 2011 e nel 2013. Negli ultimi sette anni del decennio, lo United ha speso 56 milioni di euro in più rispetto ai Citizens, eppure il City ha raccolto 106 punti in più.
Tra la partenza di Ferguson e il 2020, lo United ha speso oltre un miliardo di euro netto in trasferimenti. Con alcuni acquisti che hanno reso meno delle aspettative come Angel Di María (78 milioni), Morgan Schneiderlin (36 milioni), Anthony Martial (63 milioni) e Paul Pogba (110 milioni), tra gli altri.
La squadra con il miglior rapporto qualità-prezzo tra spese e vittorie è il Tottenham Hotspur. Il club londinese ha speso 1,64 miliardi di euro in 10 anni, guadagnando 699 punti. La squadra attualmente allenata da Conte ha speso oltre 1 miliardo di euro in meno rispetto ai rivali dell’Arsenal, che hanno guadagnato solo un punto in più nel decennio.
Il successo del Tottenham può essere in gran parte attribuito a due fattori. Il primo è l’ottima capacità di scovare talenti. Nei due anni successivi alla vendita di Gareth Bale per 106 milioni, gli Spurs hanno ingaggiato sette giocatori che hanno fornito un apporto nettamente superiore rispetto a quanto sono costati: Christian Eriksen (15 milioni), Ben Davies (12,8 milioni), Dele Alli (7 milioni), Eric Dier (5,3 milioni), Toby Alderweireld (16,3 milioni), Kieran Trippier (4,7 milioni) e Son Heung-min (31,5 milioni). Questo è il nucleo della squadra che si è assicurata quattro qualificazioni in Champions tra il 2016 e il 2019.
Il secondo driver del successo degli Spurs è stata la capacità di trattenere i giocatori di spicco. Nell’estate del 2018, il Tottenham non ha fatto alcun acquisto e ha venduto solo un giocatore, Mousa Dembélé, ma hanno gettato le basi del successo futuro estendendo i contratti di Son e Harry Kane quell’estate. Nel 2019, i due hanno portato gli Spurs alla loro prima finale di Champions League in assoluto.
Una delle società che ha fatto peggio è invece l’Everton. Nel decennio 2010-2020, i Toffees hanno speso un totale di 1,6 miliardi di euro, solo 44 milioni di euro in meno rispetto al Tottenham. Eppure, la squadra – che in tempi recenti è stata guidata anche da Carlo Ancelotti – ha raccolto solo 552 punti in Premier League in questo periodo, 147 in meno del Tottenham.