E’ ferma ormai da tre mesi – nei corridoi del Tribunale di Milano – la richiesta di archiviazione per la nomina a presidente della Lega serie A di Gaetano Miccichè del 19 marzo 2018. Il gip Chiara Valori non si è ancora espresso in merito all’indagine e adesso sembra che la Lega Serie A (come anche Mediapro) potrebbe depositare una nuova querela per riaprire il caso.
Lo riporta La Verità, spiegando che i termini di opposizione alla richiesta di archiviazione sono scaduti, ma per la querela il termine è di 3 mesi dalla notifica del 17 marzo: c’è tempo fino a metà giugno. La Lega è parte offesa della vicenda. Mediapro aveva offerto in totale 3,15 miliardi di euro per tre anni, mentre Sky (con DAZN) alla fine pagò 2,91 miliardi. La differenza è di 240 milioni più i presunti 75 milioni che sarebbero girati nell’affare.
Proprio per questo anche alcuni presidenti di Serie A starebbero spingendo per portare avanti una nuova battaglia legale, anche perché la stessa perizia dello studio legale non avrebbe valutato tutti gli atti. Le accuse erano a vario titolo di falso, ricettazione, rivelazione di segreto professionale e anche di corruzione nell’ambito della cessione dei diritti televisivi.
La storia era legata alle indagini della guardia di finanza sull’asta 2018-2021, condotta quando Malagò era commissario straordinario, e poi continuata con l’elezione di Miccichè, nomina che «sarebbe stata funzionale a intervenire sulla procedura di aggiudicazione dei diritti televisivi del calcio 2018-2021 orientandola a favore di Sky».
Secondo le fiamme gialle, quella elezione presentava diverse irregolarità per presunti conflitti di interessi, Miccichè era presidente di Banca Imi, banca in rapporti economici con diverse società di Serie A, nonché componente, con il presidente del Torino Urbano Cairo, del consiglio di amministrazione di Rcs Mediagroup.
Alla fine quei diritti tv mesi dopo furono assegnati a Sky Italia. La polizia giudiziaria ipotizzava che l’operazione Miccichè avrebbe portato anche ai protagonisti benefici passati attraverso un contratto di compravendita di diritti cinematografici stipulato tra Sky e una società del gruppo Medusa, messa a disposizione dal produttore tv Giampaolo Letta e investiti mediante il fondo di diritto inglese Tiber Capital gestito dal broker Massimo Bochicchio.
Tuttavia, secondo gli inquirenti, ci sarà stata anche «una serie di vistose anomalie procedurali» che hanno consentito di arrivare «alla nomina di Miccichè» ma «tali elementi non appaiono sufficienti per promuovere l’azione penale» in relazione all’ipotesi corruttiva «secondo cui la nomina di Miccichè, promossa e realizzata da Malagò, possa avere costituito lo strumento per intervenire abusivamente sulla gara per i diritti televisivi, allora provvisoriamente assegnata a Mediapro, deviandone gli sviluppi ulteriori sino alla conclusione del contratto con Sky Italia».