Football Affairs, l'opinione di Luciano Mondellini

Lo scudetto 2021/22 è da tempo una questione milanese e come ha svelato Calcio e Finanza in settimana questo ha già determinato un piccolo record: è la prima volta nella storia della Serie A che Inter e Milan conquistano le prime due posizioni di campionato per due edizioni consecutive. La scorsa stagione di Serie A si era infatti chiusa con i nerazzurri di Antonio Conte in testa a quota 91 punti, inseguiti dai rossoneri di Stefano Pioli, arrivati secondi all’ultima giornata di campionato dopo aver sconfitto l’Atalanta.

Non solo, ma con il tricolore che rimarrà nel capoluogo lombardo il calcio italiano aggiorna un altro record: da 20 anni ormai il titolo non esce dalle tre big tradizionali del nostro movimento. È il periodo più lungo della storia di questo sport e inevitabilmente questo acuisce in misura maggiore un oligopolio che non può far felice chi non sta sull’asse Milano-Torino. Per altro la prospettiva che questo dominio possa proseguire anche l’anno prossimo è molto probabile. A meno di faraoniche sessioni di mercato da parte di altri club (di cui però non si intravedono i presupposti) o di miracoli sportivi sempre possibili. Al momento la maggiore opposizione a questo oligopolio è il Napoli di De Laurentiis che si è già mostrato competitivo quest’anno e che l’anno prossimo potrà beneficiare di un più lungo periodo della gestione Spalletti. Mentre per le altre società, pur molto ambiziose come la Roma dei Friedkin, il passaggio dalla zona Europa League alla lotta per il titolo sembra al momento essere un salto ancora molto importante da fare in una sola sessione di mercato.

Non certo da ultimo va dimenticato che le tre grandi tradizionali sembrano destinate a rafforzarsi ulteriormente nella sessione estiva del mercato. Per svariati motivi.

JUVENTUS, I 100 DI PROPRIETÀ AGNELLI

La stagione 2022/23 sarà una stagione storica per la Juventus, in quanto terminerà poco prima che la società bianconera nel luglio 2023 possa dare inizio alle celebrazioni per un secolo di proprietà ininterrotta da parte della famiglia Agnelli. Edoardo Agnelli, il padre dell’avvocato Giovanni e di Umberto Agnelli e quindi bisnonno di John Elkann e nonno di Andrea Agnelli, assunse infatti la presidenza del club nel luglio di 99 anni orsono e da allora la proprietà della Vecchia Signora non è mai uscito da perimetro della galassia Agnelli. Ora infatti al Juventus è controllata da Exor, la holding quotata della dinastia torinese, a sua volta controllata dalla cassaforte (non quotata) di famiglia Giovanni Agnelli Bv, nella quale possono essere azionisti soltanto i vari rami della famiglia e dove il principale azionista è Elkann.

Nei fatti un filo ininterrotto di 100 anni che permette alla Juventus di vantare la proprietà più longeva dello sport mondiale – non solo del calcio – ed è quindi evidente che la società tutta proverà a terminare la stagione con qualche titolo in mano.

Le parole di Massimiliano Allegri al termine della finale di Coppa Italia persa contro l’Inter –“Faccio i complimenti ai nerazzurri e anche ai miei ragazzi. Ora dobbiamo finire bene queste due partite e riprendere l’anno prossimo con l’obiettivo di tornare a vincere“- non sono tanto suonate in questo quadro come un messaggio del mister alla squadra, quanto piuttosto il diktat imposto al mister dalla stessa proprietà. Non a caso qualche giorno più tardi, in occasione del 12esimo anniversario della presidenza di Andrea Agnelli, è stato lo stesso numero uno bianconero a strigliare l’ambiente in una nota ufficiale: “Stiamo già pensando alle nuove sfide da vivere, a tornare al più presto al posto che ci compete”. E ancora nella giornata di ieri è stato l’amministratore delegato Maurizio Arrivabene a mandare a memoria il mantra. “Dybala, Morata e Bernardeschi via? Sul mercato faremo qualcosa che ci permetterà di chiudere meglio rispetto a quest’anno”, ha speigato Arrivabene.

Insomma la sfida a Milano è stata lanciata apertamente e in quel di Torino d’altronde non dovrebbero mancare le munizioni. La Juventus alla fine del 2021 ha ricevuto via aumento di capitale una iniezione di denaro di 400 milioni. La semestrale al 31/12/2021 spiegava che al netto di 75 milioni già versati da Exor, il denaro doveva esser utilizzato come segue:

  • 145 milioni per coprire il fabbisogno finanziario complessivo netto del club nei prossimi dodici mesi;
  • 175 milioni per finanziare le azioni previste dal Piano di sviluppo, di cui una quota leggermente superiore al 50% servirà per rimborsare i finanziamenti a medio termine verso banche e società di factoring al fine di ridurre gli oneri finanziari, mentre il resto per finanziare le azioni previste per il mantenimento della competitività sportiva e l’incremento della visibilità del brand Juventus.

Nei fatti quindi più di 80 milioni dovrebbero essere destinati “al mantenimento della competitività sportiva”. Ora, anche tenendo in considerazione l’operazione Vlahovic (23 milioni l’esborso in termini finanziari sul bilancio 2022/23) la Juventus avrebbe in ogni modo potere di spesa. Inoltre sempre al 31 dicembre 2021 (come spiegato dalla relazione semestrale della Juventus) la società aveva disponibilità liquide per 160,2 milioni oltre a patrimonio netto post aumento pari a 303,4 milioni e un indebitamento finanziario in calo da 389,2 (a giugno 21) a 78,6 milioni. A questo poi si aggiunga che sempre al 31 dicembre 2021 la Juventus disponeva di “linee di credito bancarie (con esclusione del prestito obbligazionario e del mutuo immobiliare) per € 559,9 milioni, non utilizzate per complessivi € 496,3 milioni”.

In più non nella stagione che si sta per concludere il costo sostenuto dalla Juventus per Dybala e Chiellini complessivamente è stato pari a 24,5 milioni di euro. E questa cifra non sarà più caricata sul costo rosa complessivo della prossima stagione grazie all’addio dei due calciatori. Senza dimenticare anche l’impatto dell’addio di Bernardeschi, che nel bilancio 21/22 ha avuto un peso pari a circa 15,2 milioni di euro. 

Non a caso alcuni dei nomi che circolano per la Juventus sono di prima fascia – Pogba, Milinkovic Savic, Perisic – per rafforzare quel centrocampo che è stato la vera pecca della Juventus 2021/22.

IL MILAN VERSO REDBIRD. COSA CAMBIA

Venendo invece alle milanesi, il Milan, dopo tante indiscrezioni sembra essere ormai prossimo a modificare l’assetto proprietario. Il feeling iniziale tra Investcorp e il fondo Elliott (attuale padrone del club di via Aldo Rossi) è andato via scemando e ieri è emerso che il fondo del Bahrein si è tolto dalla corsa per la società rossonera. Ora il grande favorito è un altro fondo statunitense, quel RedBird fondato nel 2014 dell’ex banchiere di investimento di Goldman Sachs Gerry Cardinale, che valuta il club 1,3 miliardi di euro nella sua totalità. Ma l’offerta prevederebbe una permanenza di Elliott tramite una quota di minoranza.

RedBird Capital Partners, che è anche legato anche al Liverpool tramite la quota del 10% nella Fenway Sports Group (la controllante della squadra inglese), si definisce come un «fondo di investimento privato, focalizzato sulla costruzione di società a rapido tasso di crescita con capitale flessibile e a lungo termine in collaborazione con la nostra rete di imprenditori e family office». E oggi gestisce 4,5 miliardi di dollari di asset principalmente nei suoi principali settori verticali di sport, telecomunicazioni, servizi finanziari e consumer.

Tra gli obiettivi della società c’è quello di creare una sorta di “media company” intorno al Milan, creando – come già avviene negli Stati Uniti – sinergie in altri settori che non siano strettamente il calcio (tv, immobiliare, retail), in modo da aumentare il giro d’affari della società rossonera.

In questo quadro è ipotizzabile che qualora la transazione andasse in porto, il club potrebbe essere guidato da una sorta una di gestione stile “Elliott 2.0”, anche perché gli uomini di Gordon Singer resterebbero nel capitale tramite una quota. In questo senso Cardinale e il suo team proseguirebbero nel solco del lavoro (eccellente) svolto in questi anni da Elliott, che ha portato il club non solo a un netto miglioramento nei conti – il bilancio a giugno 2022 dovrebbe chiudersi in rosso per 40/50 milioni, un miglioramento sesquipedale rispetto ai 194,6 milioni di solo due anni orsono -, ma anche a competere per il titolo nazionale.

Nei fatti quindi Cardinale cercherà di proseguire la strategia di Elliott, ovvero quella di coniugare sostenibilità finanziarie e competitività sportiva. In più però esiste un particolare che può tranquillizzare i tifosi: RedBird è una società finanziaria e se valuta il Milan 1,3 miliardi e perché è convinto di potere uscire dall’investimento tra qualche anno con una valutazione ben superiore. E questo, complici anche le difficoltà sul tema stadio, passa anche necessariamente per un rafforzamento della squadra per poter ambire a risultati migliori e di qui spingere in alto la valutazione.

INTER, TRA SACRIFICI E POSSIBILI SORPRESE

Sulla sponda nerazzurra del Naviglio invece tutto tace sull’assetto proprietario. Suning ha spiegato di voler restare a lungo nel club di Viale della Liberazione. Detto questo però negli ambienti finanziari girano voci che qualcosa potrebbe succedere già quest’estate. Magari niente di trascendentale come un cambio di proprietà, ma qualcosa potrebbe succedere.

Nel frattempo l’Inter si avvia a mettere in archivio il bilancio al 30 giugno 2022 con un passivo che dovrebbe essere sui 100 milioni. Anche in questo caso si tratta di un forte miglioramento rispetto al rosso di 245,6 milioni del bilancio 2021. Un traguardo possibile anche e soprattutto grazie ai 100 milioni di plusvalenze ottenute soprattutto dalla cessione di Lukaku e Hakimi la scorsa estate. Il tutto mentre, complice anche il nuovo bond da 415 milioni lanciato nei mesi scorsi, l’indebitamento finanziario netto resta negativo per un valore intorno ai 300/350 milioni: il nuovo bond, in scadenza nel 2027 ha garantito non solo di rifinanziare il debito esistente ma anche una parte di liquidità, generando tuttavia interessi annui per circa 30 milioni.

Siccome quindi la via del risanamento è ben lungi dall’essere terminata è molto probabile che, secondo quanto trapela, anche quest’anno i nerazzurrri dovranno vendere almeno un big per registare una lauta plusvalenza. Ed è evidente che il sacrificio dovrà tenere in conto un compromesso tra le esigenze economiche della società e le necessità tecniche della squadra che ha il bsiogno di restare competitiva, non foss’altro per essere sicura di una qualificazione in quella miniera d’oro che la Champions League.

Trovare la quadra spetterà come sempre all’amministratore delegato Beppe Marotta che almeno sino a quando, nel 2025, non scadrà il contratto (appena rinnovato) avrà il mandato di far viaggiare l’Inter su questo stretto crinale tra conti e risultati sportivi. Scaduto il contratto, è orami sempre più sicuro che Marotta modificherà la propria vita professionale. Parlando a DAZN del suo futuro il manager varesino ha spiegato: «Io ho ricevuto molto e ho dato molto, ma soprattutto ho ricevuto tanto nella mia prima fase della vita. Adesso è giusto che anch’io dia qualcosa agli altri. Nella vita ho raggiunto quello che volevo raggiungere e penso di essere quasi vicino ad aver dato tutto nel ruolo dirigenziale, per cui la prossima esperienza che mi piacerebbe fare, ma qui c’è ancora il tempo che ci separa, è quella di una mia attività politica sportiva. Per poter dare un contributo di crescita al nostro movimento sportivo, e principalmente quello calcistico, perché secondo me purtroppo in Italia lo sport è ancora poco apprezzato e considerato».

Insomma Marotta si vede tra qualche anno nei piani altissimi della politica sportiva. E in questa corsa sicuramente potrà aver l’appoggio di molti esponenti di spicco del mondo del calcio e non solo. Tra questi sicuramente anche John Elkann, tra i suoi più grandi estimatori negli anni juventini del dirigente sportivo.

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