Football Affairs, l'opinione di Luciano Mondellini

Passata l’adrenalina delle partite, il tasso di litigiosità nel calcio è tornato a dominare le cronache sportive. La guerra tra la Lega Serie A, con il patron della Lazio Claudio Lotito in prima fila, e la FIGC, presieduta da Gabriele Gravina, ha infatti vissuto nei giorni scorsi una battaglia legale a furia di ricorsi sull’indice di liquidità che non si ricordava da anni. E dove lo scontro è talmente aperta che il patron biancoceleste, dopo aver vinto al TAR del Lazio contro la FIGC sul tema dell’indice di liquidità, può permettersi di dichiarare a mezzo stampa apertamente “Vinco sempre io”.

Le parile del presidente della Lega Serie A Lorenzo Casini (per altro vicino a Lotito) verso fine settimana sono sembrate più un atto dovuto a stemperare almeno pubblicamente la tensione. «Federazione e Lega sono dalla stessa parte, l’interesse è la sostenibilità finanziaria e avviare le riforme. Non c’è litigiosità, è importante che tutte le istituzioni sportive seguano delle procedure e garantiscano principi di ascolto e partecipazione”, ha detto il numero uno della Lega Serie A. “Non era un problema di indicatore, nè del quantum, si trattava solo di difendere le garanzie, di difendere le procedure e far sì che la Lega di A fosse ascoltata – ha continuato -. I club erano già in regola e ora lo sono anche rispetto un indice che è stato inserito in modo illegittimo”.

Ovviamente ognuna delle due parti ha le sue ragioni: la Lega Serie A è il motore del calcio italiano ed è il principale contribuente dell’intero sistema, la Federcalcio con l’indice di liquidità voleva rassicurazioni maggiori sulla sostenibilità finanziaria del settore per non trovarsi nuovi casi stile Parma di Manenti.

Ma nei corridoi di via Rosellini a Milano, sede della Lega Serie A, si nota come ormai la battaglia tra Lotito e Gravina sia scesa anche nel personale, dopo i tanti scontri degli ultimi anni che li hanno visti uno contrapposto all’altro, dal caso tamponi alla Salernitana passando per i fondi e i diritti tv fino all’attuale screzio sull’indice di liquidità.

Ma la battaglia non è solo tra le due istituzioni, esistono divisioni all’interno dello stesso fronte: in particolare in seno alla Lega Serie A. In settimana infatti non c’è stato soltanto lo screzio tra il presidente Lorenzo Casini e l’amministratore delegato Luigi De Siervo sul tema dei diritti tv dell’area MENA (Medio Oriente e Nord Africa). Segno evidente che le cose tra i due massimi dirigenti della Lega iniziano a incrociarsi i percorsi e le deleghe. Non solo, ma come ha svelato il giornalista Michele Spiezia sui suoi account social, che la temperatura tra i massimi dirigenti del pallone nostrano stia diventando bollente c’è anche il bisticcio tra lo stesso De Siervo e l’amministratore delegato della Roma Pietro Berardi. Accusato via mail di avere aiutato il presidente Casini nella ricerca di un nuovo contratto per i diritti tv per l’area MENA.

Anche qui verso la fine della settimana, in occasione della presentazione dei calendari, ufficialmente la frattura si è rimarginata, con De Siervo e Casini usciti insieme dagli studi di DAZN dove si è svolto il sorteggio per definire le gare della Serie A 2022/23 per sottolineare il riappacificamento, almeno a livello pubblico.

Tutto questo però succede mentre tra qualche giorno la governance di Lega dovrà mutare necessariamente assetto. E avrà l’opportunità di inserire nel proprio organigramma un profilo manageriale di altissimo livello. Li si vedrà se la Lega saprà scegliere al meglio oppure se la litigiosità di cui sopra e i veti incrociati bloccheranno questa opportunità.

Nello specifico infatti va notato che dal 1 luglio il presidente del Cagliari Tommaso Giulini non potrà più sedere nel Consiglio di Lega Serie A vista la retrocessione in Serie B della squadra sarda.

Il Consiglio della Lega è composto da sette membri che al momento sono:

  • il presidente Lorenzo Casini;
  • l’amministratore delegato Luigi De Siervo;
  • il consigliere indipendente Gaetano Blandini (dg della Siae eletto in “quota Lotito”).

e i quattro rappresentanti delle squadre ovvero:

  • Paolo Scaroni (presidente del Milan);
  • Maurizio Setti (presidente del Verona);
  • Luca Percassi (ad dell’Atalanta e vicepresidente di Lega);
  • e appunto Tommaso Giulini (presidente del Cagliari).

In questo quadro i membri della nuova Serie A dovranno scegliere chi dovrà sostituire Giulini.

Le opzioni sul tavolo non mancano e alcune sono managerialmente di altissimo livello. Come segnalato da Calcio e Finanza uno tra questi potrebbe essere Adriano Galliani, attuale amministratore delegato del Monza. Il manager brianzolo certamente non ha bisogno di presentazioni nel mondo del calcio essendo stato oltre che l’amministratore delegato del Milan per i decenni epoca berlusconiana oltre a essere anche per svariati anni presidente di Lega (dal 2002 al 2006, diventando poi vicepresidente dal 2013 al 2017).

Galliani, uno dei maggiori esperti di diritti tv che il mondo del calcio ha conosciuto, pur avendo alle spalle la potenza di fuoco economica della Fininvest di Silvio Berlusconi, potrà presentarsi come alfiere delle provinciali (e forse avere i voti di molte di queste) e la sua esperienza ed abilità potrebbe essere messa a disposizione della salvaguardia degli interessi dei club più piccoli. Non solo, ma la sua figura è molto stimata dalla stragrande maggioranza dei soci colleghi delle società maggiori anche in virtù del suo grande expertise in termini di diritti televisivi, che in ultima istanza sono la fonte principale di entrate della Lega Serie A. Si pensi agli ottimi rapporti con l’amministratore delegato dell’Inter Giuseppe Marotta o con lo stesso Lotito oppure con il presidente del Milan Paolo Scaroni che in settimana alla trasmissione “La Politica nel Pallone” su Rai GR Parlamento ne ha lodato le capacità e la bravura.

Ma Galliani non l’unico top manager che potrebbe mettere quella posizione nel mirino. Un’altra pista porta a Torino in casa bianconera. La Juventus, pur essendo il club con il maggior numero di tifosi in Italia, al momento non ha posti nella governance nazionale del calcio. Non avendo rappresenti né nel consiglio di Lega Serie A (come si è visto in precedenza) né esprimendo uno dei tre consiglieri che spettano alla Lega Serie A in seno al Consiglio Federale. I tre posti sono infatti appannaggio di:

  • Lorenzo Casini, per diritto, in quanto presidente di Lega;
  • Giuseppe Marotta (ad Inter);
  • e Claudio Lotito (presidente Lazio).

Come Galliani, anche l’amministratore delegato della Juventus Maurizio Arrivabene è un manager dal curriculum eccellente avendo lavorato ai massimi livelli sia alla Ferrari sia alla Philip Morris, raggiungendo rispettivamente i ruoli di Direttore Generale della Gestione Sportiva Ferrari e Vice President per Philip Morris International. E in questo quadro non manca chi sostiene, sottolineandone le doti di business, che non è molto semplice far vendere un prodotto, come le sigarette Marlboro (brand di Philip Morris) notoriamente cancerogeno e osteggiato dalla maggior parte delle legislazioni dei Paesi Occidentali. Insomma un expertise da venditore notevole.

Infine un’altra opzione di alto livello sarebbe Pietro Berardi, amministratore delegato della Roma dal 2021, e un passato che lo ha visto lavorare in posizioni di rilievo presso prestigiose società di livello internazionale in tutto il mondo. Prima come analista finanziario in Generali Assicurazioni nel Sud America, poi nel settore dell’automotive, dove ha lavorato per oltre 15 anni in ruoli di leadership negli Stati Uniti sia per Fiat Chrysler sia per Nissan. E infine dal 2020 Presidente e CEO di Pirelli in Nord America.

Insomma le opzioni sono notevoli di alto livello, sempre che il tasso di litigiosità di cui soffre il calcio italiano non faccia prevalere i veti incrociati.

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