Il Var studia la sua versione “pro” per il futuro. Anche la tecnologia non vuole rimanere indietro e sta valutando i nuovi passi da compiere. I meccanismi ancora troppo spesso si inceppano, finendo per creare dei cortocircuiti e il protocollo appare già superato, troppo rigido, limitativo. Secondo il designatore Rocchi la generazione di arbitri è giovane e inesperta, ma proprio per questo serve accelerare il percorso di perfezionamento di chi deve gestire lo strumento.
Il primo passo, spiega Il Corriere della Sera nella sua edizione odierna, è proprio la creazione di una figura specializzata, che si occupi solo di fare il varista, con tanto di ranking. Un orientamento che all’estero e già stato avviato.
Non solo, si cerca anche un modo di prevenire gli errori. Oltre alla specializzazione dei ruoli, la cosiddetta “separazione delle carriere”, occorre una linea più condivisa e chiara su rigori e fuorigioco: ancora troppi episodi valutati in maniera diversa.
C’è poi il tema del challenge: è sempre più diffusa l’idea che concedere la possibilità di “chiamata” alle squadre potrebbe avere un effetto positivo, a patto di non farla diventare “un’arma tattica” spezzare il ritmo e perdere tempo. Su questo fronte, però, l’Ifab per il momento non ne vuole sapere.
Alla base di tutto, la finalità è la trasparenza: ai tempi del Var tutto si vede, perciò è giusto che tutto si spieghi. Per questo, un progetto allo studio riguarda la riproposizione degli episodi sui maxischermi degli stadi, in modo che i tifosi dal vivo possano capire cosa accade. L’altra innovazione è una app con i dialoghi arbitri-Var, scaricabile ogni lunedì dai tifosi.