Juventus Arrivabene
(Photo by Maurizio Lagana/Getty Images)

L’amministratore delegato della Juventus, Maurizio Arrivabene, ha rilasciato una lunga intervista a Tuttosport.

«Non c’è una nuova Juventus – sottolinea Arrivabene -, c’è la Juventus che come obiettivo ha la continuità a mantenere una squadra ad altissimi livelli e mirare ad altissimi traguardi. Non starò a ripetere la famosa frase di Boniperti sul fatto che “vincere è l’unica cosa che conta”, ma l’obiettivo è sempre quello. Stiamo progettando una Juventus che parta dal calcio, perché rimane il nostro cuore pulsante, ma che si allarghi in altre dimensioni. Io credo che il marchio Juventus abbia enormi potenzialità e che possiamo andare oltre i confini italiani, facendoci scoprire altre aree di business da sfruttare. Ovviamente tutto parte da una squadra vincente o competitiva ad alti livelli, senza di quella fai molta fatica. Ma abbiamo la fortuna di partire da un posizionamento in Italia e in Europa che ci consente di andare oltre il concetto di club di calcio e diventare una global company».

Confrontando il marchio Ferrari con il brand Juventus, l’ad bianconero ha detto: «Il marchio Ferrari parte da un approccio già globale, ha il vantaggio di aver sempre performato a livello mondiale grazie al tipo di competizione cui partecipa da sempre. La Juventus è una squadra che nasce a livello locale, si amplia a livello nazionale, trova una sua posizione in Europa e oggi vuole fare il salto a livello globale. Sono due storie differenti, la Ferrari è nata globale, la Juventus può diventarlo».

Sull’organizzazione societaria: «Andrea Agnelli lo conosco da 25 anni, con lui c’è reciproca e massima fiducia. Spesso mi si confonde per un direttore sportivo, ma non credo di avere neanche le competenze per farlo. Il mio compito, da amministratore delegato, è quello di creare una strategia della quale parlavo prima. Pensavo fosse più semplice, ma è un sistema complesso. Noi cerchiamo sempre di pianificare tutto, ma c’è il fattore umano che può sorprendere. Parliamo di calciatori, non di macchine. A livello sportivo comanda il ds Cherubini, il mio ruolo è dargli supporto o aprire improvvisamente la porta del suo ufficio e valutare insieme un’idea che all’apparenza può sembrare folle».

Per quanto riguarda il bilancio: «Quello che chiudiamo è un esercizio di bilancio ancora dolorosissimo, perché gli effetti della pandemia non sono ancora passati. Ci portiamo dietro uno zaino pieno di problemi generati anche dalla pandemia. La chiusura dello Stadium e del museo ha causato danni per 75/80 milioni di perdite su due esercizi, con una marginalità dell’80%, quindi parliamo di perdite pesanti. Al di là del Covid ci sono una serie di costi ad alta marginalità che hanno inciso. Le faccio solo un esempio: lo sa che Douglas Costa inciderà ancora sul prossimo bilancio della società? Non c’è solo il Covid, quindi. In quello zaino c’è una serie di problematiche e di costi. Non voglio fare nessuna critica, ma bisogna essere realisti. Una situazione di crisi non la risolvi con la bacchetta magica da un giorno all’altro. Quindi il bilancio al 30 giugno 2022 sarà ancora lacrime e sangue, però vedo un miglioramento nel futuro».

Juventus Arrivabene – Il mercato, da Pogba a De Ligt

Arrivabene ha parlato poi anche di mercato partendo da Pogba: «Gli stiamo parlando e le cose si stanno evolvendo molto, molto bene. Com’è nata l’operazione? Esiste quella riunione di cui ho parlato. In quella riunione sono stati portati determinati nomi, alcuni dei quali arrivano come quello di Vlahovic. Apri una porta, lanci un nome, tutti ti guardano come se fossi matto e poi, piano piano, la macchina si avvia e costruisci l’operazione. Così è nato Pogba. Da una domanda: “Ma perché non prendiamo Pogba?”.

Attenzione, l’idea non basta: l’idea è solo una provocazione, poi bisogna metterla in pratica. Devi sempre capire se quella provocazione ha i numeri per la messa a terra, la sostenibilità di cui si parlava prima. Se i numeri “quagliano”, devi portare l’operazione in Consiglio d’amministrazione e non puoi presentarti senza numeri che abbiano una logica, se parliamo di giocatori importanti, naturalmente».

Su Dybala: «Hanno influito anche questi discorsi. C’era stato un accordo, poi c’è stato l’aumento di capitale, ci siamo tutti presi una pausa, di cui i procuratori erano informati e d’accordo, per effettuare valutazioni all’interno del Consiglio di amministrazione. Ci siamo rincontrati e abbiamo detto che i termini erano cambiati, perché volevamo muoverci in maniera diversa. Per cui da un contratto quadriennale a certe cifre, che vorrei evitare di citare per evitare ulteriori polemiche, siamo passati a un’altra strategia. Anche perché tutti sanno chi è arrivato a gennaio, no? Ma questo non ha compromesso i rapporti, non c’è stata nessuna guerra fra noi e Dybala. Dopo la decisione ci siamo sempre salutati cordialmente al centro sportivo. Diciamo che c’è stata una decisione senza se e senza ma su questa vicenda e l’abbiamo messa in atto. Mi auguro che Dybala trovi la squadra e le soddisfazioni che merita. Dal nostro punto di vista le cose hanno un inizio e una fine. Ribadisco: la Juventus è sopra tutto. Ci sono giocatori che hanno lasciato un’impronta profonda, ma il marchio Juventus è sempre più importante».

Infine su De Ligt: «Torniamo a parlare di giocatori che seguono i consigli dei procuratori o dei colleghi invece che della società. Oggi è impossibile trattenere un giocatore che se ne vuole andare. Ma è sempre una questione di numeri, non è che se uno vuole andare via gli rispondi: prego, accomodati. È difficile trattenere un giocatore, però dal tavolo della trattativa bisogna alzarsi tutti e tre soddisfatti. E vale sempre l’articolo quinto: chi ha i soldi ha vinto».

Juventus Arrivabene – CR7, i fondi e la Lega

Un commento è arrivato anche su Cristiano Ronaldo: «Lui non è stato sfruttato fino in fondo per colpa del Covid. Ma sono convinto che la Juve va oltre ogni giocatore, 125 anni di storia non vengono scritti da un solo calciatore; la squadra è più importante dei singoli, e qui le regole devono rispettarle tutti».

In merito all’ingresso dei fondi d’investimento nel calcio italiano: «Quando si parla di fondi, bisogna sempre tenere presente che sono dei fondi. L’attrattiva che il calcio italiano ha presso i fondi americani è positiva, perché significa che qualcosa si sta muovendo. Un po’ come è accaduto nel calcio inglese anni fa. Noi abbiamo il vantaggio di essere ancora un mercato disponibile,
come andrà a finire dipende dalla voglia di questi fondi di far crescere il sistema calcio e quanto lo vogliono far crescere. Il fondo di investimento deve produrre utili, non riesco a immaginare un fondo che non pensi a far crescere l’azienda e di conseguenza il settore: non possono essere slegate le due cose»

Per quanto riguarda la Lega Serie A: «Manca il dialogo. La litigiosità non porta da nessuna parte. O sei in grado di gestirti in modo completamente autonomo oppure è inutile pensare di non dialogare. In Formula 1 c’è chi detiene i diritti commerciali e chi fa i regolamenti: il dialogo è fondamentale perché i regolamenti possono creare spettacolo e aumentare il valore dei diritti commerciali. Quindi la litigiosità porta al nulla fino al disastro totale. Serve una maggiore collaborazione e grande chiarezza sulle responsabilità: la Lega è un’associazione di privati che cercano di portare a casa il più possibile, dall’altra parte hai il regolatore. I due attori non possono andare uno a destra e l’altro a sinistra. La collaborazione porta solo cose buone»

In conclusione sulla creazione di una media company: «È quel salto di qualità che può darci un approccio più commerciale per allacciarsi sul nuovo mondo che cambia velocemente e certo non aspetta la Lega di Serie A».

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