«Ho conosciuto Mino in Brasile, facevo un lavoro per CSR, una società di Rivaldo e César Sampaio. Mi occupavo della parte legale, la costituzione di questo club. Un bel giorno vado nel loro ufficio e c’era uno lì seduto, che fumava come un matto e faceva 1000 domande. Ma davvero 1000 domande, voleva sapere la legge, come era il paese. Voleva sapere tutto e quindi iniziammo a chiacchierare. Il secondo giorno si presentò lì con un ragazzo dicendomi: “Questo è un giocatore di San Paolo e deve andare in Italia: come devo fare? Trovami una maniera’’ e parlava sul serio, perché all’epoca era tutto molto nuovo in Brasile. Da quel momento in poi abbiamo veramente iniziato a lavorare sul serio, a fare cose più strutturate, più organizzate. E a un certo punto Mino mi dice: “Ma allora per fare le cose sul serio perché non vieni in Europa?”. Mi ha trovato un punto di appoggio a Padova e pensavo di fare un anno con calma, fare tutto e imparare. Due mesi dopo c’era già così tanto casino che ero in giro con Mino dappertutto. E sono venuta qua dove abbiamo iniziato veramente a lavorare».
Si tratta del racconto di Rafaela Pimenta, l’unica persona con cui Mino Raiola ha voluto condividere le quote di One, la società del procuratore con sede a Montecarlo che gestisce calciatori di tutto il mondo. Per la prima volta l’avvocato, chiamata a continuare il lavoro di Raiola, si racconta in un’intervista rilasciata a Gianluca Di Marzio.
Dopo aver raccontato il primo incontro con Raiola, Pimenta spiega quello che era il loro rapporto: «Era molto intenso. Poteva esplodere trenta volte al giorno, io mai. Quando lui era nervoso, io ero sempre tranquilla. Se si arrabbiava con te oggi, il giorno dopo già non si ricordava più. Era una persona molto tollerante. Le ultime parole che Mino mi ha detto sono quelle che mi ha detto sempre: “devi essere felice. Non devi fermare la tua vita, devi fare quello che ti fa stare bene. Mino non aveva battaglie, voleva fare le cose senza pregiudizio. Voleva proporre qualcosa per entrare nel sistema e fare le cose insieme nel calcio, perché quello che facciamo noi è un riflesso di quello che fanno i giocatori e i club».
Rafaela Pimenta ha parlato anche del ruolo di un procuratore: «Il nostro lavoro è simile a quello di un avvocato, però l’avvocato non può avere opinione. Il procuratore è quello che si siede con te e valuta insieme a te. Se il giocatore non se la sente di prendere una scelta, la prendiamo noi. Siamo come una sorta di famiglia».
In seguito ha parlato di alcuni degli assistiti prima con Raiola e ora da lei, a partire da Haaland: «Penso che Haaland ha un’arma segreta: suo papà. Lui non si fa emozionare, non si perde e penso che non lo farà mai. Non ho mai visto un giocatore che va a cercare i soldi. Quelli vengono da soli».
Sul ritorno di Pogba in bianconero: «La Juventus non era venuta qua per parlare di Paul. Sono passati in ufficio per chiedere come stesse Mino. Ci salutiamo e quando eravamo lì è nata quest’idea di chiamare Paul e parlare un po’ con lui e vedere come vedeva l’idea di tornare alla Juve. Alcune volte hanno chiesto di Haaland sì: com’era, com’era la sua storia, come stava andando».
Su Donnarumma e la scelta di lasciare il Milan: «Se guardiamo indietro è la scelta giusta. Gioca, sta bene e non si lamenta».
In chiusura su Mario Balotelli: «Mario è un ragazzo che fa di testa sua, fa come vuole lui. È sempre stato così e lo fa con felicità. Quindi fino a quando è convinto di quello che fa, contento lui e contenti noi. Chi siamo noi per avere un’idea al posto suo?».