Juventus Arrivabene
(Photo by Maurizio Lagana/Getty Images)

Ha avuto un buon seguito la strategia per risanare i conti di Fabio Paratici alla Juventus. A confermarlo, da una intercettazione, è l’amministratore delegato Maurizio Arrivabene. L’ad bianconero, come riferisce Il Corriere della Sera, diceva al telefono: «Lì ormai son diventati talmente esperti a fare i trucchetti». Il riferimento è all’area finanza del club  che aveva ormai, da quello che trapela, un modus operandi ben consolidato per far quadrare i conti.

«Si è trattato di una decisione aziendale complessiva, imposta e condivisa dai vertici», scrivono i magistrati, guidati dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai pm ario Bendoni e Ciro Santoriello, nella richiesta di misure cautelari di fine ottobre e respinta per difetto di esigenza dal gip.

Un meccanismo di cui erano a conoscenza anche i vertici del club, l’ex presidente Andrea Agnelli, e la proprietà, compreso John Elkann (non indagato). «Tutti sapevano le “manovre correttive” si legge nelle carte della Procura – in questione, tuttavia, sono “manovre illecite” e Agnelli è pienamente consapevole di questo. L’azionista di maggioranza (Exor, ndr) nelle persone del legale rappresentante Elkann o dei dirigenti di volta in volta interessati, appare pienamente a conoscenza delle problematiche finanziarie della Juventus e, soprattutto, delle manovre correttive (in particolare, plusvalenze), studiate al fine di consentire la permanenza “sul mercato” di Juventus senza la perdita dei “prezzi pregiati”».

Secondo le ipotesi degli inquirenti, quindi, le plusvalenze erano il mezzo maggiormente utilizzato per sistemare i bilanci anche se il gip ha espresso dubbi «relativi alla sussistenza del dolo». Sul punto però l’accusa ribadisce: «Le indagini condotte, nonché quelle fatte dalla Consob, hanno dimostrato in maniera chiara e incotrovertibile che, pur a fronte della stipula formale di due contratti separati (circostanza imposta dalle norme dell’ordinamento sportivo), le operazioni contestate sono “scambi”, permute a tutti gli effetti».

Ma se sulle plusvalenze l’accusa non ha trovato una sponda dal gip, altra questione riguarda la cosiddetta “manovra stipendi”. A proposito scrive: «Certamente illecite e in relazione alle quali si condivide con la pubblica accusa la sussistenza di gravi indizi». Ed è qui che stanno i maggiori rischi per la Juventus, e per i membri del suo ex CdA indagati.

Per il consulente tecnico della Procura, che ha svolto gli accertamenti contabili sui bilanci bianconeri, «l’impatto delle condotte illecite appare di rilievo allarmante. In ben due esercizi su tre (2018/19 e 2020/21, ndr) si avrebbe avuto un patrimonio netto negativo». Trasformato, secondo la tesi dell’accusa, in positivo invece nei bilanci presentati e approvati dal CdA.

Le conclusioni dell’accusa portano, infine, alla tesi finale, secondo la quale: «La Juventus non avrebbe potuto operare negli esercizi in discorso, né essere quotata in borsa». Laconico, invece, il commento, carpito, all’allenatore Massimiliano Allegri, che sul mercato condotte dai bianconeri si era lasciato andare: «Quello di oggi è un mercato vero, dove uno va a comprare il giocatore che gli serve. Il mercato dell’anno scorso era solo plusvalenze…e quindi era un mercato del c…».

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