Nessun rischio fallimento per il Milan e Uefa troppo severa con il club rossonero nel valutare la proposta di voluntary agreement rigettata formalmente dal Club Financial Control Body della Uefa nella giornata di venerdì 15 dicembre. Ne è convinto Umberto Lago, professore di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università di Bologna e già presidente della Camera investigativa della Uefa sul Fair Play Finanziario.

«Il rischio default è inesistente», spiega Lago alla Gazzetta dello Sport. «Se il rifinanziamento non andasse in porto, il Milan non fallirebbe: passerebbe a Elliott e la continuità aziendale verrebbe mantenuta».

Lago è scettico anche sull’atteggiamento che la Uefa ha avuto nei confronti della richiesta di voluntary agreement, la prima presentata da quando questa possibilità è stato inserita nel regolamento sul Fair Play Finanziario.

«Mi ha colpito che al club rossonero sia stato chiesto il rifinanziamento del debito prima di emettere il verdetto. Anche perché erano tempistiche impossibili da rispettare: porlo come paletto imprescindibile equivale a renderlo impossibile».

Secondo Lago, se la Uefa voleva avere la garanzia che il debito fosse rifinanziato per dare l’ok al voluntary poteva anche muoversi diversamente rispetto al rigetto tout court della proposta di Marco Fassone.

«Si poteva porlo come condizione risolutiva», spiega Lago. «Io ti concedo il voluntary e intanto predispongo il settlement: se in primavera non sei in grado di rispettare le mie condizioni e non sei riuscito a rifinanziare, allora passi al settlement. Stesso discorso per le garanzie: la Uefa può chiederne alcune, ma se chiedono l’intera cifra diventa una cosa impraticabile».

Umberto Lago
Umberto Lago

La diffidenza degli addetti ai lavori e di buona parte dei media nei confronti di Yonghong Li potrebbero dunque aver giocato un ruolo chiave nella decisione della Uefa.

«Mi verrebbe da dire che il voluntary, per la piega che ha preso, è stato ammazzato nella culla. Per come l’ho visto io, il piano del Milan poteva passare. Va detto che sull’acquisizione del club c’è stata diffidenza da parte di diversi soggetti fin da subito, cosa che può aver pesato sulla decisione», continua ancora Lago.

«La linea guida è giudicare il business plan, non chi c’è dietro.

Tornando a Li: o siamo in un caso di conclamata pazzia, o sa di poter contare su ricavi cinesi derivanti dallo sfruttamento dal marchio. Fino a ora mi risulta che abbia regolarmente fatto gli aumenti di capitale. Forse agli occhi della Uefa ha influito la campagna acquisti molto aggressiva, che non è stata vista positivamente. D’altronde, per tornare grande il Milan deve osare».

E ora che cosa succederà? La strada sembra essere quella del settlement agreement.

«Che impone paletti molto rigidi», osserva Lago, «fra cui i famosi -30 milioni a bilancio da non sforare nel triennio. Ci si arriva in due modi: incrementando i ricavi, anche e soprattutto in Cina, o riducendo i costi, ovvero ridimensionando la rosa e rallentando il ritorno alla competitività. Il problema del Milan comunque non sono i costi eccessivi, ma i ricavi troppo bassi».

Il settlement dovrebbe inoltre portare  una multa fra i 5 e i 10 milioni, più altri 15 condizionati al raggiungimento dei risultati. Limiti al mercato. Tetto agli stipendi. E rosa ristretta in Europa.

E l’esclusione dalle coppe europee paventata da Marca?

«Questo non si può escludere per nessuno, fin quando il settlement non è concluso. Nel caso del Milan mi pare una possibilità molto remota», conclude Lago.

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