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Partite della Liga negli USA – E’ di questi giorni la notizia di un accordo della durata di 15 anni tra la Liga spagnola e la multinazionale “Relevent”, che porterà alla disputa di almeno una partita ufficiale all’anno del massimo campionato spagnolo negli Stati Uniti d’America.

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Una decisione nata dalla volontà di promuovere il marchio “Liga” oltre oceano, ma che non ha trovato lo stesso grado di consenso in tutti gli attori coinvolti. Infatti, come riporta ABC, il presidente dell’AFE (Asociación de Futbolistas Españoles) David Aganzo ha così commentato la decisione di chiudere un accordo di questo tipo: «Siamo sorpresi e indignati. Sembra che sia solo una persona che muove le corde del calcio spagnolo. Ho già parlato con molti giocatori che non capiscono cosa stia succedendo. Quindi meditiamo tutti per non prendere decisioni avventate. Parleremo nei prossimi giorni, metteremo tutte le carte sul tavolo e porteremo avanti quello che deciderà la maggioranza».

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Poi Aganzo ha proseguito: «Non escludiamo nulla. Compreso lo sciopero. I calciatori non sono merce. Non possiamo essere merce di scambio per ottenere sempre più denaro. Non può essere che decisioni così importanti vengano prese unilateralmente senza tener conto di attori importanti del mondo del calcio come arbitri, tifosi e i giocatori stessi».

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L’accordo, che durerà 15 anni, prevede appunto la disputa di almeno una partita di campionato ufficiale nel territorio nordamericano. Un incontro che si giocherebbe già in questa stagione, anche se sia il luogo che la data e i contendenti sono ancora sconosciuti. Tra le squadre che potrebbero prendere parte alla prima partita ufficiale fuori dalla Spagna ci sono ovviamente il Real Madrid e il Barcellona, ​​poiché entrambe sono le più conosciute negli Stati Uniti.

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L’internazionalizzazione del suo prodotto è diventata un’ossessione per la Liga negli ultimi anni. A seguito di questo obiettivo sono stati infatti raggiunti nuovi accordi, come ad esempio la trasmissione delle gare di campionato su Facebook in otto paesi asiatici. Il desiderio è quello di espandere il marchio, monopolizzare l’interesse e fare dell’industria del calcio nazionale, che già produce l’1% del PIL, un generatore di posti di lavoro.

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