Il Milan ha chiuso l’esercizio 2017-2018, l’unico sotto la proprietà cinese di Yonghong Li, con una perdita netta a livello consolidato di 126 milioni di euro, in aumento di 53 milioni rispetto ai 73 milioni di rosso dell’esercizio precedente.
In un’intervista al Sole 24 Ore, l’ex amministratore delegato rossonero, Marco Fassone, ha spiegato i motivi e le politiche di bilancio che hanno portato a tale risultato.
«Sotto la mia gestione, rispetto al 2016-17, abbiamo fatto 20 milioni di ricavi in più e 50 milioni di margine in più. Il rosso di 126 milioni comprende 45 milioni di componenti straordinarie, spesate integralmente da Elliott».
Tali componenti straordinarie negative, ha spiegato Fassone, sono «dovute per 22 milioni a svalutazioni di giocatori come Kalinic e Bacca. Per 17,5 milioni ad accantonamenti per me e altri 5 manager che sono usciti dal club. E per la parte restante per pagare i giocatori della seconda squadra, che è stata abbandonata, e per accantonare le risorse per un’ eventuale multa dell’ Uefa».
«Senza questi 45 milioni di svalutazioni e accantonamenti, io avrei chiuso il bilancio con una perdita di 81-82 milioni, che sarebbe stata migliore rispetto al business plan iniziale di 10 milioni».
Fassone si è soffermato anche sull’aumento dei costi di gestione. «I costi sono aumentati per i salari dei giocatori acquistati e per le trasferte Uefa, che non c’ erano l’ anno prima. Ma gli altri costi generali sono diminuiti di 6 milioni. In ogni caso il valore della rosa di oggi è molto superiore al valore della rosa di giugno 2016».