vendita delle maglie della germania

Il 2014, in termini di marketing sportivo, è stato l’anno della vendita delle maglie della Germania: per merito, o meglio, per effetto della vittoria della Coppa del Mondo in Brasile infatti, la domanda delle divise da gioco tedesche ha registrato numeri davvero senza precedenti. Anche perché, prestazione sul campo e marketing, oggi come oggi, vanno ormai a braccetto e, sempre più spesso, le grandi multinazionali del settore sfruttano il binomio per fare fatturato e dominare il mercato, non di rado attraverso l’utilizzo di spot e campagne ad hoc per promuovere qualità e rendimento dei prodotti legati al calcio.

L’importanza della vittoria in Brasile

Il successo della nazionale tedesca non è stato per nulla clamoroso e anzi, pareva piuttosto annunciato tra bookmakers e addetti ai lavori, considerando l’inarrestabile escalation che il movimento aveva registrato nell’ultimo quadriennio, con il ritorno del Bayern Monaco in una finale di Champions League dopo quasi un decennio (2001-2010), una finale tutta tedesca nel 2013 e, infine, l’arrivo di Pep Guardiola sulla panchina dei bavaresi, che tanto ha dato alla maturazione di uno stile di gioco mai visto prima alle fredde latitudini teutoniche. Il trionfo in Brasile dunque, accompagnato da step fondamentali come quelli citati poc’anzi, è parso solo una semplice e diretta conseguenza di quanto di buono hanno saputo fare Federazione e clubs in termini di politiche federali e investimenti, capaci di rilanciare in breve un movimento che pareva essersi arenato alla generazione d’oro campione del mondo a Italia ’90.

Il successo per Adidas

In quest’ottica, come accennato in apertura, si inquadra di riflesso il “riscatto” di Adidas. Perché, nonostante un’annata piuttosto complicata nei numeri di riferimento, la multinazionale bavarese ha potuto godersi il beneficio di un successo di notevole prestigio, sportivo da una parte ed economico-commerciale dall’altra. Dovendo affrontare, tra le altre cose, non poche difficoltà, visto che la firma di Herzogenaurach era chiamata nella non facile impresa di doversi “giocare” l’anno in un appuntamento-chiave come il Mondiale 2014, peraltro nella tradizionale roccaforte di Nike. Ed ecco che, da quando la nazionale tedesca ha sollevato la Coppa nella suggestiva cornice del Maracana di Rio de Janeiro, la vendita delle maglie della Germania ha subito un notevole incremento rispetto alle annate precedenti, toccando, dati alla mano, l’incredibile cifra di 3 milioni di pezzi acquistati da tifosi e appassionati.

Numeri che, se da una parte testimoniano l’appeal di cui può vantarsi attualmente il calcio tedesco, dall’altra fanno impallidire quelli legati, ad esempio, ai Mondiali del 2006 (organizzati in casa), in cui le vendite non superarono 1,2 milioni di unità, e dell’edizione giocatasi in Sudafrica nel 2010, i cui numeri attuali sono dieci volte tanto quelli generati solo 4 anni fa.

Argentina e Spagna

Adidas però, quest’anno, non ha potuto solo contare sulla vendita delle maglie della Germania per sfidare la rivale di sempre, Nike: infatti, grazie all’aiuto dell’altra finalista e grande delusa, l’Argentina, la multinazionale tedesca ha potuto soddisfare le speranze pre-mondiale in fatto di volumi e ricavati. Le previsioni infatti parlavano di 2 milioni di unità previste dalla vendita delle divise ufficiali della Germania, a cui si sarebbero dovute aggiungere quelle di altri due colossi sponsorizzati da Adidas, appunto l’Argentina e la Spagna campione in carica. Aspettative rispettate solo dalla nazionale Albiceleste, giunta, seppur con qualche difficoltà, in finale e supportando così (sul campo) la strategia commerciale di Adidas: così come per la Germania infatti, l’ottimo risultato ottenuto da Messi e compagni si è tradotto in un netto incremento nella richiesta delle shirt biancoazzurre legate all’edizione brasiliana.

Cifre che hanno compensato viceversa il disastro spagnolo in terra sudamericana, e il conseguente calo nella richiesta delle divise della nazionale campione uscente.

Fabio Colosimo

 

 

 

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Nato a Roma nel 1984, dopo la facoltà di Scienze Politiche il salto nel giornalismo sportivo con una collaborazione triennale con Canale Inter.