Lo stop dei campionati a causa dell’emergenza Coronavirus ha inevitabilmente aperto il dibattito sulla chiusura della stagione, e dunque sull’assegnazione dei vari titoli e di conseguenza su eventuali promozioni e retrocessioni da una categoria all’altra.
A tal proposito è intervenuto Oreste Vigorito, patron del Benevento, il club che attualmente comanda il campionato di Serie B: «Nell’ipotesi in cui dovessero negare al Benevento di salire in A, io cercherò di capire se tutto viene fatto in nome di un sacrificio generale. Se invece vengono premiate istanze di natura soggettiva per club che hanno maggiore rilevanza nazionale, il Benevento dovrà cercarsi un altro patron».
Così Vigorito ha commentato a “Radio Punto Nuovo” la possibilità di annullamento del torneo, ipotesi avanzata dalla FIGC: «La Lega B vuole terminare questo campionato, non è normale dopo 28 partite annullare i sacrifici economici, finanziari di una tifoseria, di una società di una città».
Il presidente Vigorito ha poi ribadito che certamente «la questione prioritaria è la salute dei cittadini, ciò che mi vede critico sono le soluzioni che ci saranno quando tornerà la normalità. E’ giusto che i giocatori abbiano la stessa tutela sanitaria di tutti, il problema è capire cosa si farà quando tutto sarà stabilizzato. Mi sembra evidente che qualcuno parla di non proseguire il campionato, far fare playoff e playout, cristallizzare il campionato tutte proposte fatte da chi ne ha interessi nel farlo».
Secondo il patron del Benevento «c’è bisogno di stilare due programmi: uno in caso di non risoluzione del problema e uno in caso di ritorno alla normalità. Il riferimento al baratro è a tutta l’economia: contratti, sponsor, televisioni. Sono certo che la Figc ci stia già pensando, ma noi abbiamo tanti dubbi e incertezze e le voci sempre più assordanti».
«Noi italiani – ha concluso – abbiamo un problema serio: pensiamo sempre a ciò che devono fare altri, io penso sempre a ciò che posso fare io. Noi come sistema calcio dobbiamo pensare a cosa potrà fare il calcio domani, non guardare al Ministero della Salute».