La pandemia di Covid-19 ha impattato in maniera determinante sulla Champions League 2019/20. Oltre allo slittamento temporale della competizione, si è reso necessario modificarne in corsa il format: a partire dai quarti di finale, infatti, la UEFA ha trasformato la fase ad eliminazione diretta in un torneo in stile final eight a partita unica, disputato dal 12 al 23 agosto a Lisbona.
A causa dello slittamento della competizione, la situazione contrattuale di alcuni calciatori ha creato alcune criticità: alcuni club, infatti, non hanno potuto schierare diversi propri calciatori con i contratti in scadenza o già in accordo con altre società, dato che la FIFA ha lasciato libertà di scelta ai giocatori di prendere parte o meno all’appendice europea della stagione con il club di appartenenza oltre il 30 giugno, tradizionale data di scadenza dei contratti.
Così Timo Werner non ha completato la stagione con il Lipsia legandosi al Chelsea, club con il quale, tuttavia, non ha potuto disputare il quarto di finale da nuovo tesserato, poiché vietato dal regolamento; Arthur del Barcellona, protagonista in sede di mercato dello scambio con Pjanic della Juventus, non ha giocato con il Barcellona, mentre il serbo ha disputato l’ottavo di finale con i bianconeri; anche Edison Cavani non ha trovato l’accordo per continuare la stagione con il Paris Saint Germain. Si tratta di defezioni importanti, le cui conseguenze hanno certamente avuto un peso non indifferente nell’economia del torneo.
Andando alle questioni squisitamente di campo, l’edizione numero 65 della Uefa Champions League si è conclusa con la vittoria del Bayern Monaco contro il Paris Saint-Germain. Con questa affermazione, la sesta della sua storia, il Bayern Monaco si piazza al terzo posto della classifica all time per numero di trofei conquistati, alla pari del Liverpool, preceduti in questa prestigiosa classifica soltanto dal Real Madrid (13 vittorie) e dal Milan (7). Il club tedesco ha, inoltre, realizzato per la seconda volta il triplete, vincendo anche il campionato e la coppa nazionale. Per i francesi, invece, si è trattata della prima finale di Champions.
I bavaresi sono stati gli assoluti protagonisti della competizione: hanno vinto tutte le 11 partite disputate, (nuovo record di vittorie consecutive nell’era della Champions League); hanno, inoltre, stabilito il nuovo primato di reti segnate in una singola edizione, 43. Il trionfo della programmazione in classico stile Bayern Monaco: nuovi talenti e vecchie certezze, un progetto che nasce da lontano ma con un piede già nel futuro.
Una menzione speciale all’Atalanta, alla sua prima apparizione in Champions League: dopo una partenza negativa, tre sconfitte in altrettante partite, i bergamaschi sono stati eliminati in modo rocambolesco ai quarti di finale dal Paris Saint Germain, mostrando anche in Europa il gioco collettivo e spettacolare già ammirato in Serie A, divenuto oramai vero e proprio marchio di fabbrica degli orobici. Un percorso carico anche di un forte valore emotivo, per una squadra simbolo di una città martoriata dalla pandemia.
Impatto fatturato risultati Champions, i numeri
Nell’edizione 2019/20, complessivamente i club con maggiore fatturato hanno:
- vinto il 74% delle partite (71 su 96);
- ottenuto il 71% delle qualificazioni (22 su 31, compresa la vittoria finale);
- realizzato il 64,5% dei gol (249 su 386).
(dati relativi agli scontri diretti vs. club con minor fatturato; in totale 119 partite complessive, 23 pareggi, 96 le partite considerate nell’analisi).
Anche in questa edizione i club con fatturato maggiore hanno quindi avuto risultati sportivi migliori.
I dati sono in linea con quelli della stagione precedente, rispetto alla quale ci sono state più vittorie ma meno qualificazioni per i club con maggior fatturato.
L’intervallo temporale analizzato permette di avere dati oramai sufficientemente consolidati, tali da poter rilevare una chiara tendenza a favore dei club con maggior fatturato: negli ultimi 5 anni, hanno vinto più di 7 partite su dieci, hanno ottenuto quasi 8 qualificazioni su dieci e realizzato quasi 7 gol su dieci.
Impatto fatturato risultati Champions, il peso nella fase ad eliminazione diretta
Nell’edizione della Champions League da poco conclusa, il dato principale da sottolineare è una differenza significativa di performance fra la fase a gironi e quella ad eliminazione diretta, quella post-covid. Nella fase ad eliminazione diretta, in particolare negli ottavi e nei quarti di finale, i club con minor fatturato hanno avuto performance complessivamente migliori.
Infatti, nella fase ad eliminazione, i club con fatturato minore hanno realizzato più vittorie (59,1%), più reti (52,6%) e hanno ottenuto più qualificazioni (53,3%).
Nella fase ad eliminazione ci sono stati risultati abbastanza inaspettati: le sconfitte e conseguenti eliminazioni del Tottenham, del Liverpool campione in carica e della Juventus agli ottavi di finale ad opera di club con fatturati più bassi, rispettivamente Lipsia, Atletico Madrid e Olympique Lione; per quanto riguarda i quarti di finale, le sconfitte dell’Atletico Madrid contro il Lipsia, e soprattutto del City contro il Lione e del Barcellona contro il Bayern Monaco, con un pesante 8-2 a favore dei bavaresi. Le due semifinali e la finale sono state vinte dai club con maggior fatturato. Nelle ultime 11 finali disputate solo in due occasioni ha vinto il club con fatturato minore: Inter nel 2009/10 e Chelsea nel 2011/12, con il Bayern Monaco in entrambe le occasioni a farne le spese.
Quindici club su 16 (93,8%) con i ricavi più elevati per ciascun girone si sono qualificati alla fase successiva, e fra questi si sono 11 dei 16 top club europei per fatturato.
Tutti i club qualificati alla fase ad eliminazione diretta appartengono alle cosiddette “big five leagues” (4 clubs della Premier League e della Liga, 3 della Bundesliga e della Serie A, 2 della Ligue 1), una circostanza che non si verificava dall’edizione 2010/11.
Per la prima volta dal 1996, inoltre, club inglesi e spagnoli hanno mancato l’accesso alle semifinali.
Ci sono differenze significative fra i 16 club qualificati alla fase ad eliminazione per quanto riguarda non solo i ricavi caratteristici, ma anche per il valore della rosa, degli stipendi e presenza sui social.
La differenza media di fatturato nelle partite della fase ad eliminazione è stata di circa €293 milioni (90 milioni in più rispetto alla media della scorsa edizione), una differenza significativa che equivale grossomodo al divario di ricavi esistente fra il Barcellona (1°) e il Tottenham (8°) o fra la Juventus (11°) e il Crystal Palace (30°) (fonte Deloitte Money League).
In meno del 7% delle partite della fase eliminatoria c’è stata una differenza di fatturato fra le squadre in campo minore di €100milioni, mentre quasi una partita su due (40%) ha visto contrapporsi club con un divario di fatturato superiore a €300 milioni; in oltre la metà delle partite il divario è stato compreso fra €100 e €300 milioni.
La differenza di fatturato, in questa fase eliminatoria, tuttavia non si è tradotta in performance migliori per i club a maggiore fatturato, anzi, come abbiamo visto, è accaduto il contrario, almeno fino alle semifinali.
Tuttavia, è innegabile che il problema di una distribuzione delle risorse più equa ed omogenea esiste ed è sempre più pesantemente influente. Solo una stagione “particolare” come quella appena trascorsa (e come quella che probabilmente vivremo) ha in qualche modo attutito la differenza di valori economici. Per esempio, la singola partita nella fase eliminatoria ha probabilmente dato più chance ai club con minor fatturato; l’appendice stagionale forse non ha trovato tutti i club preparati fisicamente e mentalmente, vista la novità assoluta, permettendo a club anche con minori risorse di poter gareggiare più alla pari con i rivali più ricchi. Una spiegazione univoca e certa non c’è, ma è indubitabile che i dati mostrano una differenza evidente nei risultati pre-covid e post-covid, fra la fase a gironi e la fase eliminatoria.
È probabile quindi, che l’effetto Covid-19 abbia pesato sui risultati della scorsa edizione della Champions League. Questo shock “esterno” alla competizione, ha in qualche modo reso più incerto il risultato delle partite, determinando in alcuni casi verdetti inaspettati.
Il format in stile final eight ha avuto successo sportivo e di audience; una modalità frutto dell’emergenza, tuttavia, difficilmente replicabile in futuro, data la conseguente riduzione delle partite calendarizzate, quindi minori diritti TV e introiti da botteghino. Una formula, forse, più facilmente applicabile alla Europa League, torneo più lungo e dal minor appeal mediatico rispetto alla “league” più prestigiosa.
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